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Pubblicato il Marzo 29th, 2020 | by Lorenzo Barbagli

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Euphoria Station – The Reverie Suite (2019)

Tracklist

1. Prelude/ She’s Calling
2. Reverie
3. On My Way
4. Heartbeat
5. Bridge Of Dreams
6. Queen Of Hearts
7. Paradise Road
8. Move On
9. Seasons
10. Reprise
11. Remind Me
12. Content

Etichetta Reverie Suite Records/CD

Durata 71’03”

Personell

Saskia Binder (vocals) ● Hoyt Binder (guitars, banjo, mandolin, background vocals) ● Ronald Van Deurzen (piano, organ) ● Trevor Lloyd (strings) ● Tollak Ollestad (harmonica) ● Rebecca Kleinmann (flute) ● Paulo Gustavo (bass) ● Chris Quirarte (drums) ● Mike Disarro (background harmonies) ● Bobby Albright (percussion)

Dal 2014 la coppia di musicisti Saskia Binder e Hoyt Binder si è esibita nei club di Los Angeles ponendo le radici di quello che sarebbe divenuto il progetto Euphoria Station. Il duo fa il suo debutto discografico nel 2017 con l’album ONE HEART, ma è in questo secondo THE REVERIE SUITE che si dispiega l’ambizione del gruppo. Aiutati da una backing band di otto elementi con il nome di The Americana Daydream Revival Orchestra, gli Euphoria Station plasmano un’epopea concept che prende le mosse dal racconto di vita della cantante Saskia, partendo dall’infanzia fino all’età adulta.

Tra le tante innumerevoli contaminazioni che esistono nella sfera del progressive rock, quella con il genere Americana è sicuramente tra le meno battute. Ultimamente ci sono riusciti a pieno titolo gli Echolyn partendo da COWBOY POEMS FREE (2000); si possono inoltre tirare in ballo i Kansas, che gli stessi Euphoria Station citano tra le proprie influenze, ma THE REVERIE SUITE stringe con questo genere un legame ancora più profondo, tanto da inserire nella strumentazione non solo violino, banjo, mandolino, ma perfino l’armonica. Il folk, il country e il blues fanno da minimo comune denominatore al sound di THE REVERIE SUITE e fino a qui troviamo un’ottima cura per le melodie tipicamente americane, ma ciò che stupisce in un tale contesto che parrebbe continuare dritto tra i binari della tradizione, sono gli intermezzi strumentali. Gli assoli e gli interventi dei vari musicisti sono architettati attraverso un solido sguardo al progressive rock, come nell’iniziale Prelude, che si separa da un inizio dai connotati fortemente folk con un’irruzione hard prog in cui continuano a fare capolino innesti blues e country western. Anche quest’ultimo aspetto è ben caratterizzato su On My Way, ma in un certo modo si fa strada anche uno sguardo al prog folk europeo alla Jethro Tull.

Gli Euphoria Station danno il loro meglio nelle lunghe Paradise Road e Seasons, orchestrando una convincente interazione tra AOR radiofonico e prog strumentale. A suo modo quindi THE REVERIE SUITE costituisce qualcosa di esotico all’interno del panorama progressive, proprio per questa sua sporadica frequentazione di certe sonorità di derivazione statunitense.

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