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Pubblicato il Gennaio 19th, 2020 | by Antonio De Sarno

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Marsyas – Emergence (2020)

Tracklist

1.Far As Far Run Thoughts (5.55)
2.Wait For The Tide (8.30)
3.As Water (5.56)
4.When The Nights Were Bright (6.25)
5.No Time For An End (5.59)
6.Palace of The Living (7.41)
7.Mater Mundi (5.39)
8.Dance of The archangels (8.14)

Etichetta Emergence Records

Durata 54’ 22’’

Personell
Lorenzo Pasini (voce solista, chitarra) ● Francesco Luzzan (cori, basso, programming) ● Marco Adobati (chitarra) ● Paolo Salvi (tastiere) ● Omar Ghezzi (batteria)

Il gruppo bergamasco, giovanissimo (l’età dei componenti è compresa tra i 21 e i 25 anni), comincia a muoversi nel lontano 2014 e arriva al primo capitolo discografico con un lucido esempio di prog moderno, che non solo non tradisce i lavori di artisti storici degli anni ’70, ma che piacerà anche a chi è più in sintonia con gruppi moderni come Haken, Opeth, Riverside, Aristocrats e, naturalmente, Porcupine Tree.
Intanto l’arpeggio elettrico della prima Far As Far Run Thoughts (disponibile una settimana prima del resto del lavoro e, quindi, una specie di “singolo” apripista) ci trasporta subito in un’atmosfera romantica, a partire dal testo che “cerca la luce in mezzo all’oscurità” e con la voce di Lorenzo Pasini fortemente meditativa e ispirata a tratti a Steven Wilson. Il brano è in continua evoluzione, dinamico e moderno, con parecchi cambi sorprendenti e molto ispirati, avviandosi verso una conclusione corale che, finalmente, ci fa sentire un bel synth, dopo tanto pianoforte, prima di una chiusura malinconica che sembra figlia di (sorpresa!) THE RAVEN THAT REFUSED TO SING e che riprende circolarmente le parole della prima strofa.
La successiva Wait For The Tide apre con un pattern di organo, prima di esplodere con un fantasioso giro chitarristico e ritmico che mette in evidenza tutte le influenze dei musicisti coinvolti, compreso un piccolo omaggio ecumenico alle “tarantelle prog” dei nostri eroi nazionali PFM. Attorno a metà pezzo riaffiora il fantasma di Wilson (sempre lui!), questa volta quello lisergico di GRACE FOR DROWNING, e tutto diventa oscuro e misterioso, con un bel groove romantico che cresce lentamente e sul quale Pasini ricama il suo primo assolo (stellare, anche se troppo breve), preludio al finale di quello che è il pezzo più lungo del disco. Come ogni composizione progressive degna del nome, una particolare attenzione va alle dinamiche tra momenti forti e piano e nel trovare una sequenza “giusta” ai brani in quello che una volta si chiamava “album”. Roba da ventesimo secolo, insomma!
Anche da questo punto di vista il disco è interessante e, perdonate l’espressione, già in un certo senso un “classico”. Infatti la terza traccia, As Water, sembra veramente “sgorgare” in maniera naturale dal brano che lo precede, e ci fa “viaggiare”, come solo il migliore prog sa fare, tra diverse atmosfere, dal delicato intreccio pianistico e chitarristico iniziale a momenti molto più aggressivi, sempre in barba a qualsiasi convenzione o tentazione canzonettista. Anzi, As Water è proprio un gran bel pezzo, con un testo che sembra un haiku sulla percezione del mondo attraverso l’acqua, che sfuma in una coda man mano più evanescente e ci porta direttamente alla romantica When The Nights Were Bright (unico pezzo non composto da Pasini, ma da Francesco Luzzano, bassista e co-fondatore del gruppo), in cui il cantato iniziale ricorda l’approccio gioioso di Gary Chandler (dei Jadis, gloriosa formazione britannica di New Prog), sebbene i cambi, questa volta, remino contro la totalità del pezzo. Forse qualche minuto in meno avrebbe reso più fluido il tutto, anche perché la seconda metà, che comprende una sezione con le voci corali molto ben riuscite, è notevole, ma anche qui una coda un po’ superflua, finisce per creare un cambiamento troppo repentino di mood. Il classico caso di More is Less per quello che, alla lunga è il pezzo meno riuscito.
Tutto funziona alla grande, da questo punto di vista, nel successivo No Time For An End, racconto di una creatura mitologica che emerge dopo secoli di cattività. La costruzione è perfettamente in linea con il brano che cresce ad ogni ascolto, senza trascurare una notevole tecnica e riportandoci il timbro vocale “alla Chandler” nella parte conclusiva, dinamica e trascinante. Palace of The Living, tutto riff e ritmo iniziale, è una bella vetrina tecnica, ma avrebbe necessitato di una voce solista un pelo più aggressiva nei primi minuti, perché nelle sezioni bucoliche e notturne il timbro di Lorenzo è decisamente più azzeccata e innalza il già alto valore musicale dell’insieme.
Pezzo dal piglio più commerciale, Mater Mundi è perfettamente riuscito, con dei bei crescendi sinfonici e tutte le carte in regole per essere il pezzo forte del disco, quello più old school, se preferite, con dei bei fraseggi di chitarra, romantici al punto giusto e un bel cantato personale. La matrice Wilsoniana riaffiora nella conclusiva Dance of The Archangels, degno brano di chiusura per un disco di esordio. Speriamo davvero che sia il primo di tanti lavori e che possa raggiungere il pubblico più ampio possibile perché un disco così è puro rock progressivo del 2020, pensato ed eseguito bene e con cuore, non come mero esercizio di stile, come succede spesso, ma una semplice scelta di campo per seguire i propri gusti. 

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