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Pubblicato il Luglio 2nd, 2018 | by Pierluigi Romagnoli

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Melody’s Echo Chamber – Bon Voyage (2018)

Tracklist
1. Cross My Heart
2. Breathe In, Breathe Out
3. Desert Horse
4. Var Har Du Vart?
5. Quand Les Larmes D’un Ange Font Danser La Neige
6. Visions of Someone Special, On a Wall of Reflections
7. Shirim

Etichetta Fat Possum Record/CD

Durata 33’25”

Personell
Melody Prochet (drums, guitar, Mellotron, violin, vocals, whistle) ● Gustav Ejstes (guitar, human beatbox, organ, percussion, piano, vocals) ● Fredrik Swahn (bass, Mellotron) ● Reine Fiske (bass, drums, guitar, Mellotron, violin) ● Johan Holmegard (drums)

Melody Prochet è tornata, e per quanto in molti cerchino di esaltare lo sponsor di questa realizzazione, Kevin Parker (Tame Impala), la musica ha nulla o ben poco a che fare con quella mistura di sapori seventies rielaborata con sequencer, VST e aggeggi vari. Qui non c’è quel sottile e continuo rimando alla disco dei Daft Punk e non c’è traccia di quegli stili ancor più commerciali tipici degli anni evocati spesso dal barbuto artista australiano. Piuttosto, l’averlo registrato in Svezia con musicisti rock svedesi, ne ha esaltato il sapore più prog e sicuramente e per questo rappresenta un passo avanti rispetto al primo immaturo album.

In BON VOYAGE, la ragazza, o meglio, la donna Melody, lancia un sasso verso le stelle e nasconde la mano. I mille e mille dischi ascoltati in gioventù, le sue allucinazioni sonore, sono state una rigogliosa fonte cui attingere. Per cui, come nella Bella e la Bestia, il meglio del music-business-man di Perth viene fuori: la mano di Parker è più di natura tecnica che vera fonte di ispirazione musicale anche se Melody ammette che ci sono volute milioni di ore (per soli 33 minuti di musica!) per fare questo disco e l’aiuto di tutti gli attori coinvolti è stato determinante.

 



 

Si parte con Cross my heart: le prime note, gli accordi arpeggiati, il basso Hofner rimandano immediatamente agli XTC di MUMMER. Ma è solo un flash. Il brano è un collage di suoni, di ricordi ed esperienze adolescenziali. Mentre attraversiamo lo spazio in questo viaggio (immaginiamo su una teiera, citando non a caso i Gong), ci rendiamo conto di non essere soli, partiti per un percorso lisergico fatto di suoni già sentiti. Melody ricorda ma non somiglia, prosegue e non ripercorre. Innanzi tutto la sua gracile mano ci tocca, mentre contempliamo il suo immenso universo sonoro. Non ci lascia soli con il trip-psyco-pop fine a se stesso. C’è di tutto: il piano fender, il flauto, l’acustica, gli ingredienti sono tantissimi in una sorta di melting-pot sonoro, ma alla fine quello che risalta è la solida cantabilità e la vena compositiva della Melody.

Si, tanto di cappello ai mille contributi del Parker novello Todd Rundgrene dei valenti musicisti coinvolti (c’è anche l’ex Landberk Reine Fiske); ma qui chi fa la differenza è lei e la sua capacità di scrittura. In conclusione, va doverosamente segnalata la stupenda Quand Les Larmes D’un Ange Font Danser La Neige. Prestate qualche minuto di attenzione a questo lavoro, anzi magari trentatre! E comunque ci penseranno i Capitani Oltraggiosi a ricordarvelo.

 

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