Libri

Pubblicato il Settembre 7th, 2016 | by Paolo Formichetti

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Rino Gissi – Death By Metal: La Storia di Chuck Shuldiner e dei Death (2014)


Casa editrice Tsunami Edizioni

Pagine 200

Prog e metal rappresentano un connubio che, con buona pace dei “puristi” (per non dire “integralisti”), ha prodotto negli anni diverse opere di livello così elevato da rendere noiosa e stucchevole l’annosa diatriba sulla liceità di incasellare nel nostro genere preferito band quali Dream Theater, Fates Warning, Angra o Shadow Gallery (tanto per citare alcune tra le migliori). Più raramente invece si è visto accostare il prog al death, sottogenere di metal estremamente brutale e violento, caratterizzato dal “growl”, tecnica vocale che consente di emettere una sorta di ruggito gutturale con il quale risulta piuttosto difficile articolare linee melodiche poco più che elementari. Tuttavia il crescente successo che gli Opeth stanno avendo tra i progster sembrerebbe rappresentare una sorta di trait d’union tra i due generi dal momento che la band svedese nasce proprio come band death, per poi progredire ed arrivare, negli ultimi lavori, ad un prog intriso di malinconiche atmosfere scandinave e con i brani cantati in maniera pulita. Non tutti sapranno invece che, prima ancora degli Opeth, furono gli americani Death a compiere un cammino per alcuni versi simile, evolvendo il loro stile compositivo album dopo album: dagli esordi brutali e con testi decisamente splatter di Scream Bloody Gore fino a giungere a una sorta di metal progressivo, complesso, cerebrale, con testi filosofeggianti e introspettivi (negli ultimi quattro lavori: da Human a The Sound of Perseverance). Purtroppo a simile evoluzione musicale non corrispose cambiamento alcuno nello stile vocale, che rimase il growl, comprensibilmente assai poco “digeribile” per i prog fan. In ogni caso, a beneficio dei più curiosi, questo libro ripercorre la carriera della band, o meglio del suo cantante, chitarrista e compositore, Chuck Shuldiner, da sempre unico deus ex machina dietro il monicker Death, dagli  esordi a nome Mantas fino alla sua triste scomparsa avvenuta nel 2001 per un tumore al cervello. Per chi ha del metal estremo un’idea vaga o magari  fantasiosa a base di sacrifici di vergini e sabba satanici si stupirà nel leggere di un ragazzo dedito al 100% alla sua musica, che si circondava di validissimi session man per avere il totale controllo delle sue composizioni e che, fuori da palchi e studi di registrazione, svolgeva una vita normalissima, lontana da ogni tipo di eccesso e stranezza. Forse lo stile del libro è leggermente troppo idolatrante, da fan sfegatato, e la cosa alla lunga lo rende leggermente stucchevole, ma per gli appassionati della band si tratta sicuramente di un must tanto più che è cosa abbastanza rara trovare pubblicazioni dedicate a metal band per così dire “minori” o comunque non di primissimo piano.

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