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Pubblicato il Settembre 4th, 2016 | by Paolo Carnelli

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Taproban – Strigma (2013)

Tracklist
1. Nesia al notturno congresso delle streghe
2. Lo sguardo di Emily
3. La porta sul buio

Etichetta Musea/CD

Durata 42’48”

Personell
Gianluca De Rossi (Acoustic Grand Piano, Hammond Organ C3, Leslie 122 Rotary Speaker, Mellotron SM 400, Minikin Electronic Memotron, Hohner Clavinet D6, Minimoog Model D, ARP Pro Solist, Nord Electro 3 HP EMU Vintage Pro, Vocals and Flute) ● Roberto Vitelli (Rickenbacker 4003 Jetglò & Geddy Lee Fender Jazz Basses, Gibson Les Paul Gold Top and Fender Stratocaster Guitars, Moog Taurus III Bass Pedal Synthesizer, Trace Elliot & Marshall Valvestate Amps) ● Francesco Pandico (Tamburo Formula 14/20/10 – 12 – 14 – 16 drumkit, Sabian HHX Evolution, Zjildian K and Ufip Ritmo Cymbals, Ufip Gong, Windchimes, Wooden Blocks, Glockenspiel, Ethnic Bells, Sleigh Bells, Fiberglass Waterfall, Triangle, Tambourine, Bongos, Bodran, Vibraslap, Flexatone)

A sette anni di distanza dal precedente Posidonian Fields, tornano i Taproban con un nuovo album destinato finalmente a concludere la serie dedicata ai quattro elementi: dopo la terra, l’aria e l’acqua, stavolta è il fuoco ad essere protagonista…o meglio, è la “donna-fuoco” a ispirare i contenuti del disco. Il titolo dell’album, infatti, è il frutto della crasi tra i due termini latini “strix” (strega) e “stigma” (marchio). Coerentemente con il titolo, anche la componente musicale si fa quindi complessivamente più cupa e misteriosa rispetto ai precedenti lavori del gruppo, che con le defezioni del bassista Guglielmo Mariotti e del batterista Davide Guidoni, è ora saldamente e pienamente nelle mani del tastierista Gianluca De Rossi. La classica formazione triangolare della band rimane però inalterata, e insieme a De Rossi troviamo ora il basso possente di Roberto Vitelli e il drumming rigoroso di Francesco Pandico, perfetti alter ego nel nuovo corso del gruppo. Ben supportato dalla sezione ritmica, De Rossi può quindi sbizzarrirsi come di consueto tra Hammond, Mellotron, mini Moog e altre diavolerie rigorosamente vintage, e al tempo stesso avvicinare ulteriormente la sua scrittura all’estetica delle formazioni a lui più care, ovvero Goblin, Le Orme, Trip e Balletto di Bronzo. Paradigmatica in questo senso risulta l’ultima lunga traccia, La porta nel buio, guidata in gran parte dal pianoforte acustico e da poche altre timbriche (tra cui spiccano alcuni splendidi metallofoni): una suite quasi interamente strumentale che ci riporta direttamente ai fasti di Felona e Sorona, YS e Atlantide, e in cui risulta veramente prezioso l’apporto della chitarra elettrica di Vitelli. La sua perizia sulla sei corde permetterà sicuramente alla band di percorrere strade nuove e inedite: lo si evince già dalle note iniziali di Nesia, in cui è proprio un bell’arpeggio di chitarra a catapultare l’ascoltatore nelle atmosfere crepuscolari e cariche di inquietudine che caratterizzano un album di ottima fattura.

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