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Pubblicato il Marzo 12th, 2020 | by Paolo Formichetti

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The Witches of Finnmark – I (2017) / II (2018)

Tracklist I

1.Mystic Mist
2.The Witches of Finnmark
3.Gand
4.Bitter Winds
5.Rise
6.Til Ungdommen

Etichetta autoproduzione

Durata 33’ 21’’

Personell
Anders Buaas (guitars, keyboards, effects) ● Rune Erling Pedersen (drums) ● Are Gogstad (bass)

Tracklist II

1.Letter 1609
2. The Black Cat And The King
3. Christmas Eve
4. Raven
5. Witches Return
6. Cunningham

Etichetta autoproduzione

Durata 41’ 09’’

Personell
Anders Buaas (guitars, keyboards, effects) ● Rune Erling Pedersen (drums) ● Are Gogstad (bass) ● Henrik Madsen (percussions)

Il mio incontro con la musica prodotta dal chitarrista norvegese Anders Buaas è stato piuttosto casuale,  ed è avvenuto con il terzo capitolo della sua trilogia dedicata alle “streghe di Finnmark”, disco nel quale l’autore mette il suo talento da guitar hero al servizio di composizioni strumentali ricche di variegate influenze. Per non lasciare incompiuto il lavoro ho deciso di scrivere una recensione cumulativa dei primi due capitoli di tale trilogia.

I due dischetti, autoprodotti, si presentano in bellissime confezioni digipack professionalmente realizzate e cupe quanto basta per adattarsi all’inquietante tema del concept. La terrificante strega che campeggia sul primo lavoro fa gli onori di casa per accedere ad un mondo musicale realmente affascinante. I sei brani strumentali mostrano fin da subito il talento di Buaas come compositore ancor prima che come chitarrista. Nelle sue canzoni si trovano echi di folk nordico, divagazioni orientaleggianti di sapore zeppeliniano, musica ambient, sprazzi di virtuosismo chitarristico e ancora una volta rimandi al sofisticato rock di Mike Oldfield.

La breve durata del lavoro (di poco sopra la mezz’ora, praticamente come un LP dei vecchi tempi) lascia l’acquolina in bocca per la voglia di passare al secondo capitolo, stavolta rappresentato iconograficamente da un trio di streghe più affascinanti che spaventose. Il disco non si discosta stilisticamente da quanto prodotto in precedenza, con le varie componenti (folk acustico,  progressive, metal melodico strumentale) sapientemente miscelate per realizzare brani strumentali non eccessivamente complessi, raffinati e di sicuro impatto. Nel disco, che stavolta raggiunge una durata più consistente, è presente anche una suite, la conclusiva Cunningham, che con i suoi quasi 19 minuti di durata rappresenta la composizione più vicina al rock progressivo: intro atmosferica, chitarre stratificate, momenti pacati e melodici alternati a sfuriate heavy.

In definitiva, Buaas mostra di essere un artista da tenere d’occhio e i suoi lavori saranno sicuramente apprezzati da chiunque straveda per le campane tubulari di Mike Oldfield o per il Robert Reed di SANCTUARY.

 

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