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Pubblicato il Aprile 27th, 2017 | by Lorenzo Barbagli

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Pain of Salvation – In The Passing Light Of Day (2017)

Tracklist

1. On A Tuesday (10:22)
2. Tongue Of God (04:53)
3. Meaningless (04:47)
4. Silent Gold (03:23)
5. Full Throttle Tribe (09:05)
6. Reasons (04:45)
7. Angels Of Broken Things (06:24)
8. The Taming Of A Beast (06:33)
9. If This Is The End (06:03)
10. The Passing Light Of Day (15:31)

Etichetta InsideOut CD

Durata 71’46”

Personell

Daniel Gildenlöw (vocals, guitars) ● Ragnar Zolberg (guitars, vocals) ● Daniel Karlsson (keyboards, backing vocals) ● Gustaf Hielm (bass, backing vocals) ● Léo Margarit (drums, backing vocals)

La presentazione con la quale è stata anticipata la pubblicazione di IN THE PASSING LIGHT OF DAY, il nuovo album dei Pain of Salvation, ha posto in evidenza ciò che tutti attendevano e speravano: non solo un ritorno alle radici prog metal del gruppo, ovvero brani più estesi e articolati e suoni più massicci, ma anche la riesumazione del formato concept molto caro al leader Daniel Gildenlöw. Una scelta scontata, vista la drammatica esperienza vissuta in prima persona dal cantante e chitarrista, costretto a passare mesi in ospedale a causa di un’infezione che lo ha portato quasi alla morte. Ciò che traspare da IN THE PASSING LIGHT OF DAY, oltre che dal singolo Reasons e dalla lasciva sensualità metal di Tongue of God, è quanto si siano adattati e accodati i Pain of Salvation alla nuova ondata di nuovi gruppi prog metal come Haken e soprattutto Leprous, ai quali gli aspetti più oscuri dell’album sembrano rifarsi. In realtà l’album risulta un equilibrato compromesso tra la vena da hard rock americano affiorata nel periodo di ROAD SALT (il requiem If This is the End, il soul Silent Gold, l’hard blues The Taming of a Beast) e il ritrovato slancio progressive metal con abbondanti riff sincopati e ammiccamenti al djent nei nuovi classici Full Throttle Tribe e On a Tuesday. La chiusura, affidata ai quindici minuti di The Passing Light of Day, è un’arma a doppio taglio: la ballad minimale per solo chitarra e voce, a cui segue una seconda parte più strutturata con tutta la band, è molto ben interpretata ed emozionante, ma penalizzata forse da una durata fin troppo estesa. Trattandosi di un racconto così soggettivo naturalmente anche le liriche hanno assunto un ruolo importante, tanto che talvolta la musica ne sembra assorbita, sfociando in un prodotto che a tratti sembra più interessato a crogiolarsi in un sentimento e edificare un’atmosfera coerente, piuttosto che a costruire un viaggio musicale ben sviluppato. Il doloroso tema viene comunque sviscerato adeguatamente, seguendo l’umore mutevole che si può trarre dall’angosciosa esperienza di Gildenlöw e anche la scelta del produttore Daniel Bergstrand (In Flames, Meshuggah, Strapping Young Lad) assicura un’immersione in tinte metal dal carattere dark.

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