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Pubblicato il Ottobre 19th, 2018 | by Antonio De Sarno

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Alterazioni 2018 – Sala della Musica, Lainate – 7/10/2018

La rassegna Alterazioni, giunta alla sesta edizione, si apre quest’anno con una performance in solitaria del curatore Massimo Giuntoli, che ci presenta il suo nuovo progetto musicale, Found in Translation, un ciclo di canzoni nella fantomatica lingua degli abitanti di Molkaya, regione inesplorata del nostro piccolo pianeta. Prima, però, ci fa sentire una sua interpretazione musicale della poesia Welcome di Walt Whitman, piccolo statement politico che indica il vero senso di questo progetto, e quindi una scanzonata presentazione (con tanto di referti “alieni”, ovvero due banali utensili da cucina) che anticipa il silenzio che verrà spezzato solo dai tasti battuti sull’harmonium senza azionare i piedi e, quindi, una (quasi) sinfonia muta che cresce lentamente su degli arpeggi intriganti.

Una canzone/suite senza parole intellegibili, un po’ per mettere alla prova il nostro concetto di “straniero”, anche se, confesso, a volte sento affiorare la lingua/non lingua del Robert Wyatt di ROCK BOTTOM se non, addirittura, il registro basso berlinese di certo Bowie. Il gioco è proprio questo; creare familiarità di suoni ma lasciando fuori ogni significato concreto. Ogni segmento è incastonato nel successivo con il solo ausilio dell’harmonium, spaziando tra il solenne e il divertito, un volo libero che si vorrebbe in qualche modo fissare per assaporarne le sfumature.

Dopo un paio di minuti la mente smette di cercare significati testuali e si arrende al flusso sonoro che, se non alieno, risulta in una disfasia con il comune canto musicato. Con tanta partecipazione attiva l’ascoltatore intuisce che “deve” significare qualcosa, ma cosa? Si finisce per diventare parte del progetto, sicuramente coraggioso (come per il progetto Vox Humana) ma decisamente abbordabile nella sua musicalità lineare e melodiosa, nonostante abbia tutta l’aria di un esperimento sociale o una provocazione. Quando sembra arrivare una chiusura (quasi sacra) alla suite il tutto si chiude con un verso comico che si ferma di colpo.

Il gioco si chiude e c’è tempo ancora per quello che Giuntoli definisce “una filastrocca (per voce e piano elettrico) sull’arte del radersi lasciandosi la barba lunga” perché per citare Pip Pyle (Hatfield and The North) “radersi è noioso.” I volti delle statue della sala restaurata da poco rimangono impassibili come se avessero smesso secoli fa di porsi domande.

Noi invece continuiamo le nostre riflessioni e ci prepariamo alle prossime tre serate, quella del 21 ottobre con David Ventucci, il 4 novembre con il trio La Zuccheria e il 18 novembre con il Sonata Island Quartet.

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