Incontri

Pubblicato il Settembre 15th, 2016 | by Antonio De Sarno

0

ANTHONY PHILLIPS: il tempo del raccolto

Che piaccia o meno, Anthony Phillips è conosciuto poco e quel poco lo si deve al fatto di essere stato uno dei ragazzi che alla fine degli anni sessanta ha dato vita ai Genesis; nella delicata fase iniziale del gruppo, Phillips è stato l’autore più significativo, il componente più determinato e colui il quali più degli altri ha definito lo stile della band, almeno quello della fase “progressiva”. Ma Phillips non è stato solo il chitarrista dei Genesis; è stato, anzi è, un elegantissimo compositore di colonne sonore per la televisione, un prolifico autore di library music, ma soprattutto uno squisito cesellatore di pregevoli intarsi solistici che vanno a formare una discografia dal livello qualitativo medio fuori dal comune, nonostante i limiti di tempo e di budget con cui ha sempre dovuto fare i conti a causa dell’indifferenza del pubblico e della miopia delle case discografiche: una lunga collana di perle piccole ma luminose, difficilmente catalogabili, aliene ad ogni regola commerciale. Ora esce ad ottobre su etichetta Esoteric/Cherry Red “Harvest of The Heart”, un cofanetto antologico che cerca di rappresentare il meglio di una produzione sterminata. L’incontro con Ant parte proprio dalla nuova raccolta che, oltre al titolo, presenta la stessa immagine di copertina, bellissima, di una vecchia compilation pubblicata negli anni ’80…

Al di là dell’artwork di Peter Cross, quali legami ci sono con la compilation del 1985?

Semplicemente, la Cherry Red aveva già realizzato una compilation nel ’85 con lo stesso titolo, non so scelto da chi. La cosa curiosa è, a essere sinceri, che all’epoca l’etichetta era specializzata principalmente in musica punk e quindi non so perché abbiano pubblicato una mia raccolta se non per la voglia di essere eclettici e rompere con la settorializzzione che la stampa ha voluto imporre negli anni dopo il punk. Comunque la raccolta uscì solo in vinile singol all’epoca, perciò da un punto di vista strategico non vedo come possa interferire con il nuovo cofanetto

La scelta di far partire il cofanetto con F Sharp, ovvero la prima versione di The Musical Box, potrebbe provocare qualche controversia visto che esce quasi in contemporanea con R-Kives…

Ma io non ho scelto nè il materiale presente nella compilation nè la sequenza dei brani. La verità è che conosco troppo bene le mie cose e non riesco facilmente a riascoltare il materiale più vecchio. Un’etichetta fa sempre i suoi interessi, non avrebbe potuto fare diversamente. So che nessuno mi crederà, ma quando abbiamo cominciato ad assemblare il materiale per il cofanetto era aprile o maggio e l’idea era comunque di uscire verso ottobre, non sapevamo che i Genesis avrebbero fatto altrettanto in coincidenza con il documentario: l’ho scoperto tre settimane fa. E poi non è che F Sharp non fosse già stata pubblicata prima. Dato che l’intenzione era di procedere con la tracklist in ordine cronologico, poteva avere un senso anche non strettamente commerciale partire proprio da lì. Compression, l’outtake daSmallcreep’s Day di Mike Rutherford, è una scelta un po’ bizzarra da un certo punto di vista, ma a Mike andava bene anche perché era introvabile da decenni, essendo uscito solo come lato B (di Working in Line) e perché ho avuto un ruolo significativo nella realizzazione del disco. In ultima analisi mi sono voluto fidare di John Dann, il mio collaboratore, e dell’etichetta che sa il fatto suo. Non hanno giocato sporco. Anzi, ho posto il veto per Souvenir, tratto da Sides, che mi sembrava un po’ deprimente a essere sincero, e ho preferito inserire Bleak House e I Want Your Love.

A me piaceva un sacco Souvenir. Ci suona un John Hackett in gran forma! Peccato. Quindi l’idea è di presentare le canzoni in ordine cronologico?

L’idea è quella. Non so poi quanto sia possibile ascoltarlo in sequenza. E’ un esperimento. La gente può anche arrivare alla conclusione che il materiale peggiori man mano che si procede con l’ascolto!

Quindi il materiale presentato sul quinto disco, quello con il maggior numero di inediti…

…è tutto molto recente, molta musica composta per la televisione, in gran parte con la sola chitarra, principalmente perché il materiale che ho scartato negli anni, anche nel più recente Field Day, non era granché. Per fortuna l’enfasi nella mia musica library è tornata sulla chitarra acustica. C’è qualche composizione per solo piano ma non è più come ai tempi del synt tout court

Credo che la curiosità maggiore per i fan sia se tornerai a fare un disco di canzoni dopo questo momento retrospettivo…

L’idea c’è, ma on mi hanno ancora commissionato niente. L’etichetta lo vorrebbe e io penso, fondamentalmente, perché no? E’ da tempo che non lo faccio e mi piacerebbe provare a fare qualcosa

Con chi lo realizzeresti?

Allo stato attuale ho un certo numero di strofe e diversi ritornelli ma niente di completo. Per lavorare con altra gente la cosa deve funzionare. Certo che per l’aspetto vocale e testuale avrei bisogno di aiuto e certamente mi piace molto l’idea di lavorare con un batterista: avrà i suoi costi ma non mi tirerei indietro, personalmente. Di certo non mi va di chiudermi in studio per mesi tutto solo, non è la situazione ideale. Sembrerà strano ma con la musica library finisco per avere un sacco di feedback e collaboro molto con gli altri. Anche la direzione da intraprendere è difficile da capire: non penso che scriverò cose terribilmente commerciali ma non so se è il caso di realizzare cose più articolate e lunghe. Niente è stato deciso a questo punto.

E coinvolgere Mike Rutherford?

(lunga esitazione) Non penso che vorrebbe farne parte. Lui fa le cose sue e se gli chiedessi di suonare la 12 corde non ne sarebbe entusiasta. Ci siamo un po’ allontanati negli anni. Certo, sarebbe bello se lui volesse fare qualcosa del genere, ma, in effetti, le nostre strade si sono un po’ divise, e non avrebbe senso chiedergli di suonare il basso. Comunque posso provare a chiedergli se vuole scrivere qualcosa insieme e ti faccio sapere cosa mi dice!

Sarebbe bello vedere la coppia di autori riuniti ancora una volta…

Vedremo!

E Steve Hackett?

Siamo diventati veramente ottimi amici ed è una possibilità a cui ho pensato spesso, anche se rischiamo di annullarci a vicenda, sebbene come chitarrista elettrico sia di gran lunga superiore a me. Non so, forse sarebbe meglio collaborare con gente totalmente diversa in modo da introdurre elementi nuovi. Comunque grazie per le idee! Quello che penso di fare è vedere il materiale com’è e poi cercare di capire cosa serve davvero. Non vorrei semplicemente ripetere le solite collaborazioni.



Oltre a competere con i Genesis con la compilation in uscita, sei riuscito ad entrare in concorrenza anche con Tony Banks quando hai realizzato Seventh Heaven con gli stessi orchestrali con cui Tony ha registrato il suo Six Pieces for Orchestra e pubblicando il tuo disco quasi in contemporanea!

E’ stata una totale coincidenza, non siamo in contatto da anni! Sì, anche lui è stato a Praga ma io ho realizzato delle cose a Londra dove ho trovato ci fosse più affinità con i musicisti. Non per dire che i musicisti a Praga fossero male, il contrario! La gente va a Praga per risparmiare ma poi perdi giorni interi a correggere le sbavature. So che preferisci il mio disco a quello di Tony ma ricorda che io ho studiato orchestrazione e lui no! Nonostante l’aiuto di Andrew Skeet, ho fatto molto lavoro anche io. E lo stesso Tarka non è che fosse un progetto tanto più semplice. Certo se avessi sentito il disco di Tony ti darei una risposta più complessa ma non l’ho sentito. Il fatto di sembrare in competizione mi fa pensare a quando pubblicai il mio 1984 più o meno contemporaneamente all’album di Rick Wakeman che aveva addirittura lo stesso titolo! Nessuno di noi sapeva del progetto dell’altro!

Rifaresti un altro disco come Seventh Heaven?

A pensarci bene, dagli esordi ho sempre cercato di mescolare l’aspetto orchestrale con il resto ma, man mano che passava il tempo, tutti si aspettavano una svolta rock da me, ero completamente controcorrente. Grazie al fatto che adesso non sono più le etichette a dettare legge su quello che faccio, posso finalmente riprendere il percorso originale… non che abbia fatto cose di cui vergognarmi, ma alcune cose sono state poco spontanee per me. In un certo senso l’unico limite che ho oggi è solo il costo per usare l’orchestra. Già su The Geese and the Ghost i pezzi orchestrali creavano una bella combinazione tra classica e contemporanea. Ero stufo di vedere i due aspetti separati, con il gruppo da una parte e l’orchestra dall’altra.

C’è un brano nella tua produzione, Exocet, che si riferisce in maniera esplicita al conflitto delle Falklands. Nello stesso anno Roger Waters ha pubblicato l’album The Final Cut che aveva origine dagli stessi drammatici eventi: hai avuto modo di ascoltarlo all’epoca e, in caso affermativo, che effetto ti ha fatto?

No, non ho avuto modo di ascoltarlo, però posso dirti che la guerra ha avuto effetti sconvolgenti sulla mia vita. Oltre alle morti assurde, alcuni miei amici sono stati costretti ad espatriare, ho anche dovuto accompagnare un’amica all’aeroporto e immagino di essere schedato da qualche parte come simpatizzante del nemico! All’epoca non ho preso una posizione pro-Argentina, ma semplicemente pro-umanitaria. Alla maggior parte degli Argentini non importava niente delle Falklands, un po’ come accadde con i tedeschi durante la prima guerra mondiale: non erano particolarmente attratti dall’idea di combattere ma erano pedine nelle mani di un despota e di qualche generale… gli argentini sono la gente più amichevole al mondo. E’ stato tutto molto surreale. Anche un altro mio brano, The Women Were Watching, parla di quegli eventi

Cosa possiamo aspettarci dopo il cofanetto?

I brani alla fine del quinto disco sono appena la punta del iceberg per quanto riguarda il materiale nuovo, ma dopo il cofanetto ci concentreremo sulla ripubblicazione diThe Geese and The Ghost per gennaio e, speriamo, il disco di canzoni entro il 2015. Il fatto è che la Esoteric/Cherry Red ha rilevato l’intero catalogo e c’è la preoccupazione che qualcuno dopo aver ascoltato i pezzi del cofanetto possa voler ascoltare i dischi originali da cui provengono le canzoni e non riuscire trovarli. La gente oggi non ha abbastanza pazienza per aspettare magari un altro anno.

Così non si corre il rischio di saturare il mercato?

Sinceramente mi preoccupa di più perdere potenziale ascoltatori. Sarà difficile trovare un equilibrio, ma cose tipo Slow Dance, Tarka e Sides devono uscire appena possibile. Come dicevo prima, mi fido dell’etichetta

Adesso facciamoci male con tutte le solite menate sulla reunion dei Genesis e sul fatto che tu non sarai nel documentario…

Ah! Ma io sono stato coinvolto! Ho fatto un’intervista molto lunga per la BBC, ma è chiaro che tutto si basa sul fatto che i cinque componenti di quella formazione hanno registrato la loro intervista nella stessa stanza. Il grande pubblico distingue solo tra questa formazione e quella a tre con Phil che canta, quindi, dal punto di vista commerciale, non avrebbe avuto senso specificare quale era il un gruppo fondatore, al cui interno poi erano presenti anche i compositori di una parte del materiale. So che molti vogliono sentirmi dire qualcosa di negativo a proposito, ma capisco perfettamente la logica dietro la mia esclusione. Ne avrò fatto una decina di interviste retrospettive dove si parla di Genesis e di solito all’inizio ci sono sempre io che parlo dei bei e brutti momenti vissuti con loro. Forse questa volta hanno voluto sondare un pochino più in profondità e io sono stato un pochino più dettagliato nelle mie risposte: adesso è meno difficile per me parlare della mia paura del palcoscenico perché negli anni mi sono accorto che non è poi una cosa così fuori dal comune. Magari alla fine sarò presente nel documentario per dieci secondi! Comunque non credo che gli altri abbiano fatto rivelazioni sconvolgenti: a quanto mi risulta nessuno di loro ebbe una relazione con il cane di qualcun altro!

Praticamente tutta la tua produzione è disponibile in streaming su Spotify: come giudichi questa cosa, dato che i proventi dello streaming per gli artisti sono estremamente ridotti?

Non ne sono entusiasta, ma la mia carriera esiste già. Mi guadagno da vivere, principalmente, con la musica library su commissione. Per chi comincia adesso diventa molto complicato vivere di musica: chi sostiene il contrario o è ricco o non capisce come funzionano realmente le cose. Perché pagare quando puoi avere una cosa gratis? Allo stesso tempo sono contento che il vinile stia ricominciando ad essere un supporto commerciale. Mi piace molto che la sorgente sia calda per i dischi più acustici, anche se con le composizioni più elettroniche, probabilmente, non si nota nemmeno la differenza

Tags:


Articolo a cura di



Lascia un commento