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Pubblicato il Agosto 31st, 2016 | by Roberto Paravani

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Big Big Train – The Underfall Yard (2009)

Tracklist
1. Evening Star
2. Master James Of St. George
3. Victorian Brickwork
4. Last Train
5. Winchester Diver
6. The Underfall Yard

Etichetta English Electric Recordings/CD

Durata 60’36”

Personell
Greg Spawton (guitars, keyboards, bass) ● Andy Poole (bass, keyboards) ● David Longdon (vocals, flute, glockenspiel, dulcimer, mandolin, organ) ● Nick D’Virgilio (drums) ● Dave Gregory (guitars, electric sitar, mellotron) ● Francis Dunnery (guitar) ● Jem Godfrey (synthesizer) ● Rich Evans (cornet) ● Dave Desmond (trombone) ● Jon Foyle (cello) ● Nick Stones (french horn) ● Jon Truscott (tuba)

I Big Big Train sono un gruppo di rock sinfonico inglese attivo sin dal 1990. Nel corso di queste due decadi la formazione è variata molto e tanti musicisti si sono alternati intorno ai due polistrumentisti e leader: Andy Poole che si occupa anche della produzione e Greg Spawton, autore di tutti i pezzi. In The Underfall Yard sale a bordo anche il cantante David Longdon. Attorno a questi tre elementi effettivi, ruotano un nugolo di ospiti famosi: Jem Godfrey leader dei Frost*, il più famoso prezzemolo inglese, Francis Dunnery e anche quello più famoso d’oltre oceano, Nick D’Virgilio degli Spock’s Beard. E poi, graditissima sorpresa per chiunque ami gli XTC, il chitarrista Dave Gregory. Il CD è composto da sei tracce. Si inizia con un gradevole strumentale: Evening Star, poi da Master James of St. George, entra in gioco il nuovo cantante, una sorpresa positiva. Da subito ci si rende conto della qualità del gruppo e della meticolosità della produzione. I legami col passato ci sono ma il lavoro ha un taglio moderno. La coda strumentale di Victorian Brickwork suscita i primi brividi. Gli illustri strumentisti chiamati a portare il loro contributo fanno faville pur rimanendo compostamente al servizio delle canzoni. Last Train è un sentito e non banale omaggio ai Genesis, Winchester Diver scorre senza cedimenti. Non c’e’ voglia di stupire ma di conquistare l’ascoltatore con idee ed equilibrio. Si arriva infine a The Underfall Yard, brano che, non a caso, da il titolo al lavoro: una suite da ben 23 minuti, la sorpresona finale. Qui, oltre le malinconiche atmosfere e l’afflato orchestrale che hanno caratterizzato i primi pezzi, viene introdotta la fuga strumentale. La forma canzone viene abbandonata per lasciare spazio a un pezzo complesso, epico, poderoso, impreziosito da un paio di soli fulminanti. Forse certi giudizi entusiastici letti qua e la sul web risultano un po’ esagerati, ma questo è un gran bel disco. E questa è una band che trasuda ambizione, è in crescita e va tenuta d’occhio.

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