Ristampe

Pubblicato il Maggio 10th, 2018 | by Roberto Paravani

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Chris Squire – Fish Out Of Water (2018/1975)

Tracklist
CD 1
1. Hold Out Your Hand
2. You By My Side
3. Silently Falling
4. Lucky Seven
5. Safe (Canon Song)

CD 2
1. Hold Out Your Hand
2. You By My Side
3. Silently Falling
4. Lucky Seven
5. Safe (Canon Song)
6. Lucky Seven (Single Mix)
7. Silently Falling (Single Version)
8. Run With The Fox
9. Return Of The Fox

Etichetta Esoteric Recordings/2 CD

Durata 42’36” + 58’02”

Personell
Chris Squire (lead and backing vocals, bass guitar, 12-string guitar) ● Bill Bruford (drums, percussion) ● Mel Collins (tenor saxophone, alto saxophone, soprano saxophone) ● Jimmy Hastings (flute) ● Patrick Moraz (synthesiser) ● Barry Rose (pipe organ) ● Andrew Pryce Jackman (acoustic and electric pianos) ● Nikki Squire – backing vocals

Alla fine del 1974, dopo aver pubblicato l’ottimo RELAYER e completato il relativo tour mondiale, gli Yes decidono di prendersi una pausa. Il 1975 e il 1976 vengono quindi dedicati all’attività solista dei vari componenti del gruppo: nel volgere di pochi mesi ecco che vedono la luce BEGINNINGS di Steve Howe (31 ottobre), FISH OUT OF WATER di Chris Squire (7 novembre), RAMSHACKLED di Alan White (15 giugno), STORY OF I dell’ultimo arrivato Patrick Moraz (17 giugno) e infine OLIAS OF SUNHILLOW di Jon Anderson (24 luglio). Tutti gli album ottengono un buon riscontro in termini di vendite, a testimonianza del successo che in quel momento riscuote il marchio Yes nel mondo. Dei cinque, quattro sono buoni lavori, ricchi di idee e ingenuità, intuizioni e presunzione, genio e megalomania. Soltanto uno è un gran disco: equilibrato, maturo, ispirato, omogeneo. FISH OUT OF WATER cattura e restituisce intatta l’essenza del suono Yes, anzi, dello spirito degli Yes, nonostante l’assenza delle chitarre, rimpiazzate da una grande abbondanza di ottoni, archi, corni e fiati, strumenti che vanno a rifinire composizioni estremamente fantasiose, strutturalmente solide, ritmicamente complesse.

Squire – in quel momento già inarrivabile bassista – se la cava egregiamente come autore, arrangiatore e cantate, contornandosi di vecchi amici ed ex compagni di avventure quali Andrew Pryce Jackman (già con il bassista nei Syn e qui responsabile di tutti gli arrangiamenti orchestrali, oltre che delle parti di pianoforte), Bill Bruford, Patrick Moraz (è suo il pirotecnico assolo di Hammond in Silently Falling), Jimmy Hastings e Mel Collins, andando a dipingere un quadro perfetto, forse il miglior tassello nella sterminata galassia dei progetti solistici della “famiglia Yes”. Il sound dell’album, registrato nel nuovissimo studio allestito all’interno della villa di Squire a Virginia Water, nel Surrey, è il frutto del lavoro dell’esordiente Gregg Jackman, fratello di Andrew Pryce, chiamato a sorpresa a sostituire il fido Eddie Offord che si era reso improvvisamente irreperibile. Per Gregg, che all’epoca lavorava ai Morgan Studios di Londra, si trattò di un vero e proprio battesimo del fuoco: “Avevo solo 21 anni” ricorda Jackman “non ero abbastanza esperto per un compito del genere. Ma mi feci coraggio e cercai di fare del mio meglio”. In realtà l’approccio un po’ naif adottato dal giovane tecnico del suono è una componente fondamentale del fascino dell’album, in cui spesso gli strumenti, il basso in primis, godono di un livello e di un posizionamento nello spettro sonoro decisamente poco ortodossi.

Doverosa e giusta è quindi la valorizzazione di FISH OUT OF WATER da parte di Esoteric Recordings, che ha provveduto a ristampare in vari formati questa autentica gemma a dieci anni di distanza dall’ultima versione curata dallo stesso Squire. La confezione oggetto della recensione, in due CD, comprende l’album originale rimasterizzato, le versioni single edit di due brani e il 45 giri Run With the Fox/Return of the Fox, pubblicato da Squire nel 1981 insieme al compagno di band e amico Alan White, una canzoncina carina ma che nulla ha a che vedere col resto del lavoro. In teoria il pezzo forte dell’operazione sarebbe rappresentato dalla nuova versione dell’album remissata da Jakko Jakszyk a partire dai nastri multitraccia originali, che all’epoca della precedente ristampa non erano risultati reperibili. Lo shock all’ascolto però è notevole: forse saranno le nostre orecchie ormai assuefatte al mix originale, ma la mano di Jakszyk sembra distendere una sottile patina grigia sull’intero lavoro, privandolo in un colpo solo della freschezza e della vitalità che lo hanno sempre caratterizzato. E quindi ci chiediamo: che senso ha alterare i “colori” di un opera d’arte ad oltre 40 anni dalla sua pubblicazione? E soprattutto ha senso farlo senza il consenso e l’approvazione del legittimo autore?




 

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