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Pubblicato il Ottobre 16th, 2019 | by Antonio De Sarno

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Le “alterazioni” di Bob Drake

Alterazioni, rassegna di musica “altra” a cura di Massimo Giuntoli, giunge alla sua settima edizione e comincia alla grande con il cantautore polistrumentista Bob Drake. Personaggio eclettico di difficilissima categorizzazione. Spesso accostato a Jon Anderson per il particolare timbro vocale e a Steve Howe per l’uso assolutamente innovativo e dinamico della chitarra elettrica, ma le influenze sono la punta dell’iceberg di una personalità poliedrica e continuamente in bilico tra il nonsense e una musica dannatamente complessa! Decenni di carriera ormai alle spalle, sia da solista che all’interno di mille gruppi, questi sempre molto difficili da etichettare, il Nostro è arrivato al Festival per presentare un nuovo album da cui, naturalmente, non suonerà nessuna traccia!  La performance di domenica 13 ottobre, infatti, ci riporta a una dimensione da one-man band che, se non permette di apprezzare le sue doti di produttore/arrangiatore, sicuramente ci mostra tutta la sua grande umanità e comunicatività. La sua ricerca musicale è inarrestabile e assolutamente imprevedibile, fondamentalmente “progressiva” nel senso più nobile del termine.

Bob, si dice che la rete sia una fonte inestimabile di informazione, ma se cerchi Bob Drake…
Sembra che sia morto all’inizio degli anni 2000! Lo so, devo trovare un modo per rimediare, ma c’è un sacco di burocrazia anche per arrivare a Wikipedia. Spero che questa intervista possa servire a mettere in chiaro alcune cose… a partire dal fatto che i miei capelli appartengono ormai agli anni ’70! Non fidatevi delle foto che troverete in rete!

Mi piacerebbe sapere perché ti sei trasferito in Europa. Avevi all’attivo già una lunga militanza in gruppi considerati da molti seminali negli Stati Uniti, come i Thinking Plague…

E’ una storia molto lunga. La versione breve è che sono diventato amico di Chris Cutler (Henry Cow), il quale aveva acquistato questa casa con degli amici e, parlando tra di noi, pensammo di ristrutturarla e usarla come studio di registrazione per farci suonare chi volevamo noi. Questo nel ’94.

Ma cosa ti ha spinto ad abbandonare gli Stati Uniti?

Cosa mi tratteneva? No, in realtà mi sono innamorato dell’Europa, l’ho sentita subito come casa. Tornato negli stati Uniti, non ero più a mio agio, per troppi motivi. Sono venuto in Europa per la prima volta negli anni ’80, sempre con Chris Cutler e gli Hail (gruppo composto da Bob e Susanne Lewis, tre album all’attivo), di cui facevo parte all’epoca. Ci sono tornato spesso e ogni volta ho capito che era un luogo più adatto per me.

Il tuo nuovo album, THE GARDENS OF BEASTLEY MANOR, è piuttosto insolito “anche per te”!

Innanzitutto volevo realizzare un disco strumentale. Un’altra scelta radicale, almeno per me, è stata quella di non incentrare il tutto sulla chitarra! E’ la prima volta in vita mia che ho usato l’annotazione musicale, anche perché mi sono reso conto che questo tipo di musica la richiede. L’intero album è stato composto senza uno strumento “vero” in mano, partendo solo dalle note che componevo e, in un secondo momento, scegliendo gli strumenti più adatti per eseguirla. Ho adottato un software che di solito viene utilizzato per realizzare le colonne sonore, Musescore, ma una volta arrangiato il tutto sono passato a strumenti tradizionali. Il pianoforte, il banjo ecc.

Anche gli strumenti a fiato? Su LAWN ORNAMENTS, album fantastico del 2014, hai suonato la tromba…

No, ho utilizzato un vecchio patch mono sul mio Korg Ms20, di cui mi piaceva tanto il suono. Sembra davvero uno strumento a fiato, in effetti.

Cosa possiamo aspettarci da te in futuro?

Credo che farò qualcosa di simile all’ultimo lavoro, per quanto riguarda l’annotazione musicale, ma usando la forma canzone. In realtà ho già scritto molto materiale in questo senso.

Per canzone, avverto chi non ti conosce…

Sì, una successione di temi che mi piacciono, senza ripetere mai qualcosa! Il pezzo dura quello che deve durare, insomma. Non bisogna correre il rischio di annoiare l’ascoltatore!

Ultima domanda, abbastanza scontata, forse; perché usi sempre gli animali come soggetto? Per non parlare del fatto che spesso ti presenti sul palco travestito da animale “stravagante”!

La devo smettere di rispondere con “perché no”, non è molto professionale! Una risposta seria sarebbe “Ne sono ossessionato da sempre!” Ossessionato come con la musica. Ovviamente amo gli animali veri, ma la mia passione è per queste creature inventate, antropomorfe, che esploro nei miei testi. Non sono animali “veri”.

La rassegna Alterazioni continua nelle prossime settimane (19/10 e 27/10) e terminerà domenica 3 novembre con lo stesso Massimo Giuntoli che si esibirà con il suo progetto Hobo, per l’occasione in veste NON acustica. Il tutto nella cornice di Villa Litta di Lainate. Rigorosamente gratis e, da sempre, fuori da qualsiasi schema. (foto Antonio De Sarno)

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