'70

Pubblicato il Novembre 29th, 2016 | by Massimo Forni

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LE ORME – Felona e Sorona (1973)

Tracklist

Lato A
1. Sospesi Nell’Incredibile
2. Felona
3. La Solitudine Di Chi Protegge Il Mondo
4. L’Equilibrio

Lato B
1. Sorona
2. Attesa Inerte
3. Ritratto Di Un Mattino
4. All’Infuori Del Tempo
5. Ritorno Al Nulla


Personell
Aldo Tagliapietra – voce, basso, chitarra ● Tony Pagliuca – tastiere ● Michi Dei Rossi – batteria, percussioni


Se il ‘71 con Collage è stato l’anno della svolta progressiva de Le Orme, il ‘73 può essere considerato quello della definitiva consacrazione della storica band veneziana. L’eco del clamoroso successo di vendite di Uomo di pezza (primo disco d’oro) e delle ingiuste accuse di rincorrere il successo commerciale non era ancora del tutto sopito, quando il trio veneziano decide di lanciare una vera e propria sfida, per troncare ogni discussione…

All’inizio erano tutti brani separati. I testi nascevano sempre alla fine. Negli anni ’70 li scriveva prevalentemente Tony Pagliuca. Molte volte eravamo in sala d’incisione e aspettavamo le ultime frasi che lui scriveva, per poterle cantare. La cosa è nata prima musicalmente, c’erano diversi frammenti musicali che poi, ad un certo momento, qualcuno di noi, credo di essere stato io, ma non ne sono sicuro, ha proposto di unire, per dare loro un filo conduttore. Evidentemente siamo stati tutti d’accordo e abbiamo lavorato in questi termini. Ecco dove Reverberi (n.d.r. il produttore del disco) è stato importante, perché ci ha aiutato soprattutto in queste parti di collegamento, nonché sulla fuga, che ha contribuito a realizzare. Il resto è roba nostra. Alla fine di tutto si è pensato ai testi e Tony ha avuto l’idea di parlare dei due pianeti — ALDO TAGLIAPIETRA

Ecco allora che, sull’esempio di altri concept-album esteri, Le Orme pubblicano il primo long-playing a tema unico: Felona e Sorona, registrato negli studi Fonorama di Milano, è una suite rock dai riferimenti classici, che può essere considerata la più felice ed armoniosa espressione dell’evoluzione musicale della band. Per preparare in modo adeguato il nuovo album i musicisti, anziché riunirsi per suonare insieme per giorni e giorni, scelsero la strategia opposta: trascorsero un periodo di solitaria meditazione, per non essere influenzati dai compagni nell’ispirazione musicale. Alla fine del periodo di volontario isolamento, i tre artisti si ritrovarono per mettere insieme le idee ed esperienze personali: nasce così Felona e Sorona.

Come era consuetudine nel periodo, la suite venne proposta dal vivo con un testo provvisorio ancora prima dell’uscita nei negozi. In concerto veniva dapprima eseguita quella che sarebbe diventata la seconda facciata del disco; poi furono aggiunti, al momento della registrazione, i pezzi che compongono il primo lato del vinile. Peter Hammill rimase talmente colpito da quella musica da chiedere, in occasione di una tournèe congiunta con i veneziani nel dicembre del 1972, di potersi occupare della versione inglese dei testi.

La versione inglese dell’album, con identica copertina ed i testi di Hammill, venne registrata e mixata presso i Trident Studios di Londra e posta in vendita nello stesso anno nel Regno Unito per la casa discografica Charisma Records (l’etichetta del “cappellaio matto”). La base musicale non presenta differenze sostanziali con la versione italiana, anche se in principio… non era così: pregevoli assoli del fiatista dei Van der Graaf Generator, David Jackson si inserivano nella tessitura musicale dell’opera, conferendo particolare originalità alle trame sonore. Purtroppo la traccia del sax fu in seguito cancellata, in quanto si ritenne che gli interventi di Jackson stravolgessero la versione originale.

Peter si entusiasmò di fronte alla musica che suonavamo in tour. Gli spiegammo che ci sarebbe piaciuto parlare di due pianeti e che uno lo avremmo chiamato Felona, mentre stavamo ancora pensando al nome dell’altro. E fu proprio lui a suggerire il nome Sorona — ALDO TAGLIAPIETRA

I brani dell’album si presentano come episodi di una sola, fantasiosa e suggestiva trama, di un unico, straordinario affresco poetico e sonoro. Felona (il nome deriva da felice), è il pianeta radioso, colmo di pace e di amore, in perenne letizia. Sorona (il nome si ispira all’inglese sorrow, che significa dispiacere) è, invece, il pianeta buio ed infelice. La loro storia richiama l’eterno dualismo tra il bene e il male, la vita e la morte, la luce e l’ombra. L’epopea cosmica di Felona e Sorona è, pertanto, quella di due pianeti fratelli ma diversi, la cui parabola, orbitale ed esistenziale, diviene metafora titanica della storia e degli eterni destini dell’universo. In quest’opera Le Orme realizzano alchimie compositive notevoli, attingendo in particolare ai modelli della musica “colta”. Tutto questo non pregiudica, anzi esalta l’immediatezza e la fluidità comunicativa. Laddove si rischiava l’impasse cervellotico, o la futilità tecnicistica, i lagunari riescono invece nel prodigio di parlare a tutti. E soprattutto di farsi capire. Ciò che, nella musica e nell’arte in generale, solo ai più grandi è dato di compiere. Stavolta le Orme mettono a tacere anche i dissenzienti: conseguono il secondo disco d’oro e ottengono il generale, convinto consenso della critica, ad eccezione di pochi giornalisti che, il più delle volte, continuano pregiudizialmente a parlare di imitazione di modelli anglosassoni o criticano le tematiche trattate, definite (in modo miope) di evasione, prive di impegno sociale. Al contrario, l’album offre una riflessione filosofica ed esistenziale profonda sul bene e sul male, sulle tematiche degli opposti, che agitano il mondo e il cuore degli uomini. La copertina del disco è un dipinto dell’artista mantovano Lanfranco, dal titolo I pianeti del sogno e della speranza.

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Le Orme festeggiano il disco d’oro per Uomo di Pezza insieme alla redazione di Ciao 2001 e a Peter Hammill (sullo sfondo). Da sinistra Marco Ferranti, Aldo Tagliapietra, Michi Dei Rossi, Tony Pagliuca e Manuel Insolera.

Ascoltiamo il disco. Si inizia con l’attacco in forma fugata di Sospesi nell’incredibile: le combinazioni sonore disegnate dalle tastiere e le emozionanti atmosfere irreali sono straordinariamente coinvolgenti, introdotte da un organo la cui profondità richiama qualcosa di trascendente, un bagliore indefinibile liberatosi improvvisamente dagli abissi. Pregnante è l’incertezza armonica: un’originale cellula ritmico-melodica si sviluppa con un procedimento imitativo, senza un centro di gravità tonale. Il drumming personale, fantasioso, sostiene le trame ritmiche, varia seguendo il senso dell’immagine, assumendo così una dimensione quasi “pittorica”. Anche il basso a tratti si fa largo tra gli accordi lunghi e ipnotici e si emancipa dalla sua funzione di mero sostegno ritmico, entrando a pieno titolo nel ruolo di strumento che esprime con una sua individualità ben precisa la poetica musicale in svolgimento. Segue Felona, una semplice ballata acustica, dai toni gioiosi (sottolineati dalle introduttive campane tubolari) e surreali, che ci rimanda, subito dopo, al suggestivo, breve intervento cantato de La solitudine di chi protegge il mondo, un pezzo dove non c’è andamento strofico, nella sua brevità prosciugata da ogni sovrastruttura stilistica. Chiude la facciata L’equilibrio: un crescendo vertiginoso di suoni irreali, spaziali, in corsa verso l’infinito, in un incessante moto circolare, avvolgente i due pianeti immaginari dell’ombra e della luce. Nelle spirali sonore si eleva verso le tessiture acute la voce di Tagliapietra, eterea, quasi astrale, creando un vortice musicale dal grande fascino ipnotico, un impetuoso e incessante fluire di suoni siderali, che nell’epilogo si assottiglia sempre di più, per far posto ad un pianissimo, fatto di poche note, terse e delicate.

L’atmosfera in studio era stupenda, molto eccitante, eravamo noi stessi suggestionati da quei suoni fantasiosi, “spaziali”. Quel periodo lì era il culmine del progressivo — MICHI DEI ROSSI

La seconda facciata si apre coi toni elegiaci di Sorona, che si accrescono fino a divenire cupa ossessione, scandita da una trascinante effettistica del sintetizzatore nel brano Attesa inerte. Un altro breve, intenso intervento cantato con Ritratto di un mattino, dalla brevità quasi da aforisma. E poi a seguire All’infuori del tempo: un impercettibile attimo in cui l’Essere Supremo posa il Suo sguardo sui due pianeti, i quali vivono un fugace e comune momento di amore e di felicità. Ma è un equilibrio che svanisce rapidamente. Ritorno al nulla è il degno sigillo conclusivo: la sua introduzione è un crescendo sia di volume sonoro che di ritmo, una sorta di “crepuscolo degli dei” dal sapore wagneriano. Un grandioso cataclisma cosmico, fondato su un’armonia “monolitica”, una conflagrazione universale che rinnova il ciclico ritorno al niente. Un’opera profonda, poco ammiccante verso i gusti facili, ma di sicuro ammaliante, magica. Destinata, comunque, a rimanere nel tempo.

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