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Pubblicato il Agosto 28th, 2016 | by Roberto Paravani

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Magenta – Metamorphosis (2008)

Tracklist
1. The Ballad of Samuel Layne
2. Prekestolen
3. Metamorphosis
4. Blind Faith

Etichetta Tigermoth Records/CD

Durata 53’38”

Personell
Christina Booth (lead vocals) ● Rob Reed (keyboards, acoustic & electric guitars, mandolin, bass, recorders, backing vocals) ● Chris Fry (lead guitar) ● Martin Rosser (detuned guitar) ● Troy Donockley (Uilleann pipes) ● Tim Robinson (drums) ● Steff Rhys Williams (backing vocals) ● Matthew Everett (violin) ● Helina Rees (violin) ● Louise Evans (viola) ● Claudine Cassidy (cello) ● Abigail Blackman (cello)

Dopo l’antologia di singoli dello scorso anno, i Magenta tornano sul mercato con un nuovo lavoro inedito, il quarto della loro ancor giovane carriera iniziata nel 2001. In questo nuovo album si torna alle lunghe suite: ce ne sono ben due da oltre venti minuti intramezzate da due pezzi brevi. E con una certa sorpresa, spariscono le ballate ed i toni caldi ed avvolgenti che avevano caratterizzato Home l’ultimo lavoro di inediti risalente al 2006. Ma se ricordate, Home aveva nella edizione limitata una lunga appendice sinfonica: proprio da The New York suite, dalla stessa attitudine epica i nostri ripartono. Ma con meno suoni orchestrali e con un montaggio delle idee molto serrato, come in un lungo videoclip in cui ogni pochi secondi c’è un cambio di inquadratura. Questo metodo trasmette vivacità e a volte qualche piccola emicrania. In pratica il concetto di suite tipico degli anni settanta viene modernizzato, frantumato. Non c’è più un tema portate, una spina dorsale ma come già detto una miriade di idee, in verità quasi tutte brillanti. E visto che tutti i pezzi sono concatenati senza le classiche pause, ascoltando l’album per intero le due suite si confondono con i due pezzi brevi e viceversa. Sembra comunque un altro passo avanti verso un sound maturo e personale. Ci sono dei begli inserti elettronici, la voce di Christina è più sporca anche se quando il pendio si fa impervio soffre un pochino; il basso è molto presente e suonato con gusto. La chitarra è assoluta protagonista anche se qualche volta ammicca un po’ troppo ai fraseggi tipici di Steve Howe. E sopra a tutti, come sempre, la “penna” del compositore e leader Rob Reed. Sembra proprio un gruppo in ulteriore ascesa. Intendiamoci: non ci sono nuovi argomenti, novità sensazionali, cambiamenti di orizzonte; ne’ idee tali da mozzare il fiato. Ma continuano i progressi in fase di arrangiamento e di cesello, soprattutto evitando di ripetersi pur seguendo la stessa formula.

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