'70

Pubblicato il Gennaio 1st, 2021 | by Massimo Forni

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PAUL MCCARTNEY – Ram (1971)

Tracklist

Lato A
1. Too Many People
2. 3 Legs
3. Ram On
4. Dear Boy
5. Uncle Albert/Admiral Halsey
6. Smile Away

Lato B
1. Heart of the Country
2. Monkberry Moon Delight
3. Eat at Home
4. Long Haired Lady
5. Ram On (Reprise)
6. The Back Seat of My Car


Personell
Paul McCartney – lead, harmony and backing vocals, bass, piano, keyboards, guitars, ukulele on Ram On ● Linda McCartney – harmony and backing vocals; co-lead vocals on Long Haired Lady ● David Spinozza – guitar on 3 Legs, Eat at Home, Uncle Albert/Admiral Halsey, The Back Seat of My Car and Another Day ● Hugh McCracken – guitar ● Denny Seiwell – drums ● Heather McCartney – backing vocals on Monkberry Moon Delight ● Marvin Stamm – flugelhorn on Uncle Albert/Admiral Halsey ● New York Philharmonic on Uncle Albert/Admiral Halsey and The Back Seat of My Car


Sul finire del 1970, Paul McCartney e la sua famiglia volano a New York per registrare quello che può considerarsi il primo vero album da solista dopo l’esperimento non troppo riuscito di MCCARTNEY…

Siamo nel 1971, a un anno di distanza dallo scioglimento ufficiale dei Beatles: John Lennon e George Harrison hanno dismesso con disinvoltura e quasi con moto liberatorio gli abiti “beatlesiani” e Ringo Starr è alle prese con la difficile ricerca di una nuova identità; Paul McCartney, dal canto suo, ha accusato più di ogni altro i contraccolpi della vicenda, pagandola con un tracollo psicologico devastante. L’ex beatle aveva anticipato la pubblicazione dell’album LET IT BE con la sua prima, frettolosa uscita da solista: MCCARTNEY, un disco “sui generis”, un quadro dai colori tenui, appena abbozzato, che affida all’ascoltatore il compito di completarlo con la sua immaginazione. Ora però, messe da parte le velleità sperimentali dell’album omonimo, è il momento buono per affermarsi nuovamente sul proscenio: RAM è il nuovo long-playing (attribuito formalmente a Paul & Linda McCartney) che segna il reale inizio di una carriera solista monumentale, che ancora oggi riesce a emozionare e sorprendere. Nella mutevolezza dei suoi umori e con espansioni melodiche di alto livello, prive di quelle espressioni sdolcinate e alquanto irritanti di alcune canzoni del periodo immediatamente successivo, il disco conferisce al “baronetto” una cifra artistica peculiare, uno stile personale, ponendosi idealmente nel mezzo, non solo in senso cronologico, tra i fasti della band di Liverpool e gli alti e bassi commerciali del periodo Wings. Un pop rock di gran classe, arricchito da interessanti effetti sonori e incantevoli ballate dai temi morbidi e setosi, con risveglio di gioiose sensazioni; snobbato dagli ex colleghi, amato dai fan, apprezzato solo da una parte della critica, che lo promuove a pieni voti, ma a condizione che l’autore non sia lui, da cui “a priori” ci si aspetta, evidentemente, qualcosa di prodigioso, di superlativo.

Non che sia un brutto album, anzi, sarebbe un buon album per chiunque. Il problema è che qui si parla di un uomo che si chiama Paul McCartney… — MELODY MAKER

Sono deluso dall’album di Paul, credo che sia un grande artista, incredibilmente prolifico e intelligente, ma i suoi dischi mi hanno deluso. Non penso che ci sia una sola canzone degna di questo nome in RAM… — RINGO STARR

La rivista Rolling Stone lo definisce addirittura “Il punto più basso della musica rock”! Sta di fatto che la critica specializzata, nei tempi successivi, lo ha sempre di più valorizzato, considerandolo uno dei suoi migliori lavori solisti. Le sessioni di registrazione di RAM si rivelano molto feconde: altre memorabili canzoni non troveranno posto nel 33 giri e confluiranno in singoli (Another day) e album successivi, come WILD LIFE (Dear friend) e RED ROSE SPEEDWAY (Little lamb dragonfly). Altro che “pop and roll suburbano” o “muzak”: queste sono le parole, poco obiettive, che l’ex amico e collega John ha riservato a queste canzoni! Al contrario, si alternano con differente taglio stilistico episodi rock caratterizzati da uno slancio e una tensione febbrile (Too many people), carichi di energia e riferimenti polemici agli antagonisti John Lennon e Yoko Ono, momenti aspri e rabbiosi (Monkberry moon delight), canzoni dalla fresca vena melodica (Uncle Albert/Admiral Halsey, Ram on), con fragorosa esplosione finale, vocale ed orchestrale (The back seat of my car) e fili argentei di malinconia tra i soavi intrecci vocali (Dear boy). Ed ancora: momenti di delicata quiete e introspezione (Long haired lady) che scorrono con limpida leggerezza, quasi come una notte dolce e chiara e senza vento, che lascia alle sue spalle le ore calde e luminose del giorno appena trascorso, caratterizzato da un flusso ininterrotto di note velocissime (Heart of the country), da ritmi incalzanti (Smile away, Eat at home) e situazioni concitate (3 legs). Dopo una melodia gentile e rasserenante, con una dolcezza che lenisce le ferite, proprio in chiusura, con un balzo espressivo, la tensione raggiunge un’intensa forza drammatica. La varietà del mosaico è il frutto dell’accostamento di tessere musicali originali e distinte, nelle quali è assente ogni virtuosismo, ma dove invece è evidente la fantasia delle invenzioni melodiche, con le filigrane che le decorano. Paul ha trovato il suo equilibrio tornando ai suoi affetti, alla campagna, ai valori della tradizione e della vita semplice.

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