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Pubblicato il Settembre 7th, 2016 | by Roberto Paravani

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Robert Plant & The Sensational Space Shifters – Lullaby And… The Ceaseless Road (2014)

Tracklist
1. Little Maggie
2. Rainbow
3. Pocketful of Golden
4. Embrace Another Fall
5. Turn It Up
6. A Stolen Kiss
7. Somebody There
8. Poor Howard
9. House of Love
10. Up on the Hollow Hill (Understanding Arthur)
11. Arbaden (Maggie’s Babby)

Etichetta Nonesuch/CD

Durata 49’51”

Personell
Robert Plant (vocals) ● Justin Adams (bendirs, djembe, guitars, tehardant, background vocals) ● Liam “Skin” Tyson (banjo, guitar, background vocals) ● John Baggott (keyboards, loops, moog bass, piano, tabal, background vocals) ● Juldeh Camara (kologo, ritti, Fulani vocals) ● Billy Fuller (bass, drum programming, omnichord, upright bass) ● Dave Smith (drum set)

Forse Robert Plant non sarà un personaggio particolarmente simpatico. Certo, la stima nei sui confronti è enorme come quella di ogni vero fan dei Led Zeppelin, però… certi atteggiamenti da macho… certe pose da super-star… certe spigolosità caratteriali… ma va anche detto che è stato lui l’unico fiero oppositore a una reunion dei Led Zeppelin che avrebbe con ogni certezza dato vita a prestazioni scialbe e fuori dal tempo, infangando miseramente un nome glorioso. Nonostante le pressioni di Jimmy Page e dei promoters interessati alla cosa, Plant ha proseguito dritto per la sua strada, lastricata di album e concerti dignitosissimi: ha perso gran parte della sua leggendaria voce ma mantenuto i capelli lunghi e un profondo amore per un rock aperto a ogni tipo di contaminazione, e in particolare al folk proveniente da ogni remota landa del pianeta. E le soddisfazioni non sono mai mancate (anche sei i numeri degli Zeppelin sono irraggiungibili), a cominciare da Raising Sand, l’album country frutto della collaborazione con la stella del bluegrass Alison Krauss e con il produttore T-Bone Burnett, vincitore di un Grammy nel 2009 nella categoria “album dell’anno”. Oggi Robert Plant torna affiancato da un nuovo gruppo – The Sensational Space Shifters, una sorta di evoluzione degli Strange Sensation – già rodato dal vivo, con cui ha composto ed arrangiato questo Lullaby and… The Ceaseless Roar, di cui è anche produttore. L’album – ottimo, diciamolo subito – è composto da dieci nuove composizioni e un tradizionale riarrangiato con cui Plant dimostra di essere, nonostante l’età avanzata, ancora un musicista curioso e attento alle nuove sonorità. Del suo glorioso passato non c’è quasi nulla, come è giusto; non che abbia rinnegato quello che è stato – lo si sente dal vivo – semplicemente è cresciuto continuando ad osservare a destra e manca, evitando di riproporre in eterno i cliché tipici del cantante heavy: il cantante Plant lavora sui toni senza strafare, quasi da consumato crooner; il Plant autore è invece incredibilmente ispirato, anche grazie all’aiuto dei sui compagni di viaggio. Ne risulta un lavoro estremamente eterogeneo: il rock finisce sotto uno strato di loop elettronici in cui vengono innestati strumenti acustici più o meno esotici come quelli suonati dal talentoso gambiano Juldeh Camara. Melodie arabe, ritmiche africane, folk celtico (Poor Howard), blues riveduto e rimodernato (Turn It Up) e una sola, malinconica, ballata in stile classico (A Stolen Kiss) da far rizzare i capelli. La testimonianza definitiva di come Robert Anthony Plant sia stato uno dei pochissimi dinosauri del rock in grado di evolversi.

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