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Pubblicato il Settembre 15th, 2016 | by Antonio De Sarno

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SPECIAL PROVIDENCE: l’essenza è nel cambiamento

Si è conclusa alla Casa di Alex, a Milano, la breve ma intensa tournée italiana del quartetto ungherese Special Providence, giovane band con già tre album all’attivo e un altro in uscita con il probabile titolo Essence of Change. Con l’ingresso in formazione del nuovo tastierista, Zsolt Kaltenecker, gli Special Providence sembrano aver acquistato davvero una marcia in più, preparandosi ad assumere un ruolo importante all’interno della scena prog europea…

Partiamo dall’inizio…

Attila Fehérvári (bassista): il gruppo è stato fondato dieci anni fa dal batterista Adam Markó. Inizialmente il genere era più orientato verso la fusion tout court, sebbene con qualche elemento folk qua e la. Adesso, nell’ultimo periodo, abbiamo introdotto nella miscela elementi più heavy, ma anche più jazz, lasciando molto spazio all’improvvisazione dei singoli musicisti

Come avviene la scrittura dei brani e la successiva registrazione in studio?

Attila Fehérvári: scriviamo tutto prima. In studio improvvisiamo solo gli assoli…
Márton Kertész (chitarrista): ci sono diversi approcci in realtà. Il nuovo arrivato, il tastierista Zsolt Kaltenecker, ci ha presentato lo spartito per intero di alcune composizioni ma, dopo aver assimilato il materiale, ci abbiamo messo tutti qualcosa di nostro, della nostra personalità. Zsolt è molto preparato e sa esattamente cosa vuole sentire ma poi, inevitabilmente, i pezzi rinascono in studio. Qualche volta Adam entra in studio con un pattern di batteria e noi ci componiamo sopra una melodia ma, in genere, arriviamo in studio con le idee molto chiare

Da cosa nasce questa vostra scelta di suonare quasi esclusivamente pezzi strumentali?

Attila Fehérvári: sul nostro secondo e terzo album ci sono dei brani con delle parti vocali, ma si tratta solo di due canzoni brevi che vorrebbero essere “radiofoniche”, a modo loro, senza assoli e tutto il resto. Detto questo, sul disco gli stessi pezzi hanno sono presenti anche in una versione estesa. Abbiamo invitato dei cantanti della scena underground, sia metal che pop per registrare delle voci, ma da subito abbiamo considerato quei brani come dei bonus e non facenti parte del disco in sé. E’ stata una nostra idea. Probabilmente c’entra anche il fatto di muoversi in ambito fusion. Noi, da parte nostra, siamo felicissimi di fare musica solo strumentale.

Siete alla fine di una tournée in Italia, ma come vanno i concerti in Ungheria? Che tipo di seguito avete dalle vostre parti?

Attila Fehérvári: in Ungheria non suoniamo spesso, al massimo tre o quattro concerti all’anno, per scelta. Ci piace creare un evento e dopo dieci anni di attività ora abbiamo un bel seguito, mentre agli inizi erano i soliti quattro amici e parenti che venivano a vederci. Adesso vengono circa quattrocento persone.
Márton Kertész: suoniamo anche nei festival in giro per l’Europa, dalla Germania alla Francia, la Svizzera, Repubblica Ceca… e sì, anche quattro date in Giappone. In Giappone abbiamo fatto ogni volta il tutto esaurito! Abbiamo aperto per i Panzerballet a Norimberga ed è stato un concerto memorabile, anche per il fatto di poterli vedere dal vivo

Cosa avete provato a suonare in Italia per la prima volta?

Attila Fehérvári: Genova è andata come è andata per colpa dell’alluvione, ma il concerto è stato grandioso!
Márton Kertész: io ero già venuto in Italia ma solo come turista, e solo a Venezia e Jesolo

Quali gruppi vi hanno influenzati e cosa vi piace ascoltare attualmente?

Márton Kertész: tanti gruppi, di ogni genere possibile. Penso che l’unico modo per migliorarsi come musicisti sia quello di esporsi a più influenze possibili. Da giovane andavo a periodi. Inizialmente sono stato molto influenzato da quello che si ascoltava in casa, ovvero principalmente i Bee Gees e Michael Jackson. Erano gli anni ottanta! La scena di Seattle, i Pearl Jam… poi è arrivato il prog con gruppi come i Dream Theater e, infine, i Toto, di cui sono a oggi un fan sfegatato. Ascolto anche molto jazz, studiandolo. Purtroppo sono perennemente in ritardo con le nuove uscite. Sai, per il fatto di essere un musicista, a volte ti ritrovi molto indietro, almeno di dieci anni. Devo anche studiare. Faccio fatica ad assimilare cose nuove e seguire gruppi nuovi
Attila Fehérvári: ho cominciato con Metallica, Iron Maiden, Pantera e poi il black metal, prima di passare allo studio della chitarra jazz e quindi Keith Jarret e Coltrane. Adesso ascolto i Tesseract e sto virando di nuovo verso il metal
Zsolt Kaltenecker (tastierista): non guardate me, sono appena arrivato! Sono un pianista jazz che ama anche l’elettronica e conoscevo benissimo il gruppo prima, in quanto sono famosissimi in Ungheria (risate isteriche da parte di tutti!)

Quindi un approccio molto jazz…

Zsolt Kaltenecker: non è jazz ma è molto simile. La mia scrittura è molto adatta a quello che fanno gli altri. E’ quasi una sfida comporre per loro. A dicembre, quando uscirà il nuovo album, sentirete quello che siamo riusciti a combinare tutti insieme!

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