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Pubblicato il Aprile 21st, 2020 | by Paolo Carnelli

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Stefano Panunzi (Fjieri)

In quella zona d’ombra che collega King Crimson e Japan, passando per Porcupine Tree e No-Man si muove il tastierista e compositore Stefano Panunzi con il suo progetto Fjieri. Il termine indica il repertorio canoro dei pescatori di perle del Bahrein, ed è già di per se assolutamente indicativo: quelle di Fjieri sono composizioni preziose che sembrano emergere a fatica da mondi acquatici, per rivelarsi al mondo in tutta la loro intima e schiva bellezza. Due gli album pubblicati: ENDLESS (2009) e WORDS ARE ALL WE HAVE (2015), a cui si aggiungono TIMELINES (2005) e A ROSE (2009) a nome Stefano Panunzi. Ecco i suoi dieci dischi dell’isola deserta…

LA BOHÈME – Giacomo Puccini (1896)
Ascoltare LA BOHÈME è pensare all’eleganza di Puccini, alla sua vita passionale, all’amore verso le donne, verso il “racconto” e verso l’Oriente… La storia di due giovani è un intreccio di linee melodiche soavi ed emozionanti, di chiaroscuri, di sospiri e morbidi fraseggi da rimanere senza respiro. La sensibilità e la modernità delle composizioni sono così sopraffine che non si pensa ad un’opera di fine Ottocento poiché Puccini era così propenso ad allontanarsi dalle strutture formali dell’epoca. Musica fresca, contaminata da tutte le esperienze del passato e proprio per questo… proiettata verso il futuro.

NIGHTWALKER – Gino Vannelli (1981)
Voce straordinaria, di grande intensità e passione, Gino Vannelli ha realizzato questo album nella fase più matura della sua vita prog/pop/rock/fusion. Disco notturno, metropolitano e intimista, squarcia l’anima con melodie seducenti e sensuali, armonizzazioni di voci sempre all’altezza e sempre travolgenti, tutto supportato da una incredibile band dove spiccano Vinnie Colaiuta alla batteria, Mike Miller alle chitarre e Joe Vannelli alle tastiere.

GONE TO EARTH – David Sylvian (1986)
Doppio album stratosferico di ambient rock e/o electronic ballads di grande spessore musicale e sonoro… Robert Fripp, Bill Nelson, Ian Madman, Kenny Wheeler, Steve Jansen, Phil Palmer, Richard Barbieri e Mel Collins rendono maestosa, incorniciando meticolosamente, la poesia e la voce di David Sylvian. A tratti lo considero così perfetto che ritengo inopportuno ascoltare altro immediatamente dopo… Tessiture, frasi, tappeti, ritmi rendono questo GONE TO EARTH un libro dei sogni, un album di fotografie sempre ricche di particolari e senza tempo, dove è possibile trovarsi e ritrovarsi in ogni momento e con ogni stato d’animo.

THE DARK SIDE OF THE MOON – Pink Floyd (1973)
Questo concept album colpisce per la perfezione e la bellezza assoluta. Testi, melodie e sonorità riecheggiano nella mente anche solo dopo il primo ascolto… Non si può non rimanere attoniti da tanta creazione. A volte una sorta di elettro-verismo musicale che si scaglia contro tutti gli aspetti ipocriti e negativi della nostra società. E l’aspetto intrigante è l’uso degli effetti audio e della strumentazione adottata, riverberi, flanger, delay, registratori di cassa, rumori di monete, di orologi, sintetizzatori, grancasse che pretendono non soltanto un ascolto attento, ma una totale partecipazione in un viaggio verso l’ignoto che è in noi.

IN THE COURT OF THE CRIMSON KING – King Crimson (1969)
Un album che ha spazzato via tutto quello che di precedente esisteva e come un raggio di luce ha dato origine a nuove forme di vita… Se consideriamo che un’opera del genere è stata registrata con un Ampex a 8 tracce, potremmo parlare addirittura di miracolo… In questo disco non ci sono schemi predefiniti, ma brani con tempi diversi sia di durata che di struttura, strumenti orchestrali ed elettrici, tra jazz e art/hard rock, insomma un “continuum” sempre fuori dalle righe e dal coro… un gioco pirotecnico che non lascia spazio a nessun deja vù…

THE LEAST WE CAN DO IS WAVE TO EACH OTHER – Van der Graaf Generator (1970)
Album del 1970, e per quanto possa suonare antico è paradossalmente ancora fresco e rivoluzionario! Energico, a volte aggressivo, drammatico, triste, malinconico, notturno, emozionante, oscuro, delicato, rumoroso… THE LEAST WE CAN DO ha tutte le sensazioni racchiuse sotto questo titolo. La voce di Pete Hammill è così piena di pathos, di sensualità e con grande bravura si alterna narratore di storie dolci e malinconiche. Sax e organo si integrano alla perfezione in questo mood decadente e visionario.

WORDS ARE ALL WE HAVE – Fjieri (2015)
Desidero… autocitarmi! Credo molto in questo disco che amo, e che penso abbia qualità… mi identifico molto in questo album perché ha rappresentato tutto quello che avevo dentro e tutto quello che ho ascoltato fuori… anche grazie a compagni di viaggio come Nicola Lori e Jakko M. Jakszyk (non trascurabili però i contributi su alcune tracce di Tim Bowness, Gavin Harrison, Mike Applebaum, Nicola Alesini). Rispetto a ENDLESS, questo secondo album del progetto Fjieri è più organico, più attento alla coerenza della scrittura dei testi, più intimista.

RAIN TREE CROW – Rain Tree Crow (1991)
Chiamiamoli anche Japan, senza ipocrisia… con meno colori addosso e più maturità! La vena malinconica e romantica accompagna tutte le tracce, non più solo new-wave e post romantic, ma ambient/noise/rock/jazz e ancora altro, una sorta di sperimentazione forse dettata dal caso, forse dalla necessità di terminare un album andato oltre ogni limite di tempo per la testardaggine di non inchinarsi alle richieste delle più ricche major e quindi avendo meno soldi da investire. E, seppur Sylvian ha dovuto “arrangiarsi”, rimane sempre un disco ricco di magia, di suoni ancestrali e ipnotici, di cose da dire e strade da indicare… Un album da amare.

A WALK ACROSS THE ROOFTOOPS – The Blue Nile (1984)
Disco minimalista e notturno, è il primo album dei Blue Nile. Colpisce la parsimonia dell’uso degli strumenti musicali e la voce seducente di Paul Buchanan, che tra timbro e melodia orienta l’attenzione e l’emozione dell’ascoltatore da una visuale all’altra attraverso una passeggiata tra i tetti… di una città ancora assonnata e malinconica. Suoni puliti e cristallini, riff di basso e batteria elettronica, percussioni meccaniche e un’orchestrazione sintetica fanno dell’album una punta di diamante della Scottish music.

LA V^ SINFONIA – Gustav Mahler (1902)
Questa struggente sinfonia rappresenta la materializzazione dell’angoscia di un periodo storico e di un dramma interiore in un abbraccio senza fine, in una tragedia annunciata. Un’onda costante di citazioni, di evocazioni, di psicodrammi, dove i fiati e gli archi disegnano un andamento melodico in un costante senso di solitudine e malinconia. Musica da brividi e da forti emozioni. Musica che ha aperto e chiuso un triste capitolo di storia contemporanea.

Foto Marco Portanova. 

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