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Pubblicato il Aprile 12th, 2019 | by Paolo Carnelli

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Sterbus (Emanuele Sterbini & Dominique D’Avanzo)

Sterbus è il nome sotto il quale opera da alcuni anni il musicista romano Emanuele Sterbini, accompagnato nelle sue peregrinazioni musicali dalla brillante fiatista e cantante Dominique D’Avanzo. L’ultima fatica discografica del duo, REAL ESTATE/FAKE INVERNO (nei credits spicca il nome di Bob Leith, batterista dei Cardiacs che ha aggiunto le sue ritmiche in tutto l’album) è il capostipite di un nuovo genere musicale: se per i Cardiacs era stata coniata la crasi Pronk, analogamente per gli Sterbus si potrebbe parlare di Prop. Musica non solo per chi ama il prog, ma anche il pop geniale e genuino. More info: https://sterbus.bandcamp.com

SING TO GOD – Cardiacs (1996)
Questo è il mio desert island album. Nessuna band è mai riuscita a coniugare così perfettamente gusto pop, spregiudicatezza melodica e armonica (Tim Smith, il principale autore, ha davvero trovato un modo solo suo di comporre) mantenendo intatto il divertimento e la voglia di sperimentare e flirtare con il progressive e la psichedelia. Unico. Il lato B si apre con Dirty Boy che ritengo essere la canzone più bella mai scritta da chiunque. Ed è normale che per il nostro disco REAL ESTATE / FAKE INVERNO volessimo esattamente lo stesso batterista… e ha pure accettato!

THE GRAND WAZOO / WAKA JAWAKA – Frank Zappa (1972)
Zappa è l’altro mio mito assoluto. Cosa scegliere in una discografia di più di 100 album? Questi due dischi (registrati durante le stesse sessioni nel 1972) sono il meglio del suo periodo big-band/jazz-rock, coniugando le sue tipiche melodie angolari (ma con sprazzi di classicità in cui per un attimo Zappa gioca allo stesso gioco dei suoi contemporanei) e arrangiamenti dettagliati e curati in modo originale e con musicisti bravissimi. Superiore compositivamente ad HOT RATS secondo me. Divertente da scrivere come da ascoltare e da suonare.

CROOKED RAIN CROOKED RAIN – Pavement (1994)
Il disco che nel 1994 mi fece capire che c’era un’alternativa al machismo rock, alle pose macchiettistiche del metallaro, al cantato sempre intonato, alle accordature perfette e a tutta quella forma che a volte si fa diventare sostanza. Ancora qualità di scrittura eccezionale in un vestito che sta li a dirti “siamo mille volte più fichi di te e manco ci stiamo impegnando”.

BLACK SEA / SKYLARKING – XTC (1980 – 1986)
Scelta ardua tra due capolavori pop. BLACK SEA una spanna sopra al resto per compattezza, brio e fervore. Burning with Optimism’s Flames è un ottimo esempio di brano brillante dal punto di vista esecutivo (ascoltate il charleston dispari della batteria durante le strofe) e immediatezza pop. SKYLARKING leggermente più adulto, ma ispiratissimo. Ad averne di canzoni pop così ben fatte e prodotte (da Todd Rundgren in questo caso). Andy Partridge è uno dei migliori autori di quella generazione, forse anche lui penalizzato dalla troppa intelligenza e da quella arguzia “che la metà bastava”. Tra i loro discendenti giusta menzione per i Blur, band che ha sempre prodotto ottimi dischi con ottime canzoni e che sono stati un’influenza non da poco per me.

FANTASMA – Baustelle (2013)
Un disco italiano ci doveva stare per forza. I classici li conosciamo tutti. Questo è un disco che ovviamente non è stato capito perché ha dei contenuti intrinsecamente troppo “alti” (addirittura una vera orchestra? Ma siamo matti?) ma che si eleva al di sopra del panorama pop attuale. Orchestra condotta da Enrico Gabrielli al servizio dei brani più ambiziosi di Bianconi. Un tipo di produzione a cui ogni songwriter dovrebbe ambire ad un certo punto della propria carriera.

BLUE – Joni Mitchell (1971)
Joni è unica. Questo è il primo disco che regalai a Dominique quando la conobbi, quasi 15 anni fa! Voce cristallina, melodie fragili, sincere e senza veli, ma di una classe immensa, soprattutto nelle composizioni al pianoforte. E testi meravigliosi. My old man, All I want e Blue sono da brividi. “Un disco che non smette mai di nutrire l’anima”. (Questa me l’ha suggerita Dominique, e ha ragione).

RED – King Crimson (1974)
Sono un grande fan del progressive anni 70, quello buono (Van Der Graaf Generator, Gentle Giant, in parte Yes e Genesis). Robert Fripp e i King Crimson sono quelli che mi attraggono di più, per consistenza durante gli anni, per diversità delle composizioni, davvero incatalogabili. E RED, con la title-track, Starless, Fallan Angel è un disco perfetto. Combattuto tra questo è DISCIPLINE del 1981, che ci porta in dote un Adrian Belew in stato di grazia.

ELECTRIC VERSION – The New Pornographers (2003)
Forse la mia band power-pop preferita insieme ai Guided By Voices. Brani dinamici, veloci, con arrangiamenti originali ma sempre dritti al punto, con melodie memorabili oltre alla bella alternanza tra la voce maschile di AC Newman e femminile di Neko Case, cosa che poi avrei ripreso insieme a Dominique per il nostro disco e le nostre collaborazioni musicali.

WESTERN CULTURE – Henry Cow (1978)
La parte più rigorosa di un certo modo di comporre musica senza compromessi. Tutto strumentale. Melodie algide, non di facile comprensione al primo ascolto, arrangiamenti non convenzionali. Davvero c’è bisogno che ciò che componiamo sia solo per la fruizione delle masse? Parafrasando Totò, siamo musicisti o solo dei meri provveditori di junk food per le orecchie? “The present-day composer refuses to die!” (Edgar Varese)

THE SOPHTWARE SLUMP – Grandaddy (2000)
Jason Lytle è un altro autore americano che ha avuto un’enorme influenza sul mio stile (Trapeze, ultimo brano di REAL ESTATE / FAKE INVERNO è quasi un omaggio a quel tipo di epicità slacker). E questo disco del 2000, letteralmente consumato all’epoca, unisce malinconia, senso di solitudine, grazia e bellezza in ugual misura. Da grande amante di Jeff Lynne nei dischi successivi sarebbe andato alla ricerca della pop-song perfetta, dedicandosi molto a perfezionare gli arrangiamenti nei minimi particolari, ma sempre al servizio di ottime canzoni che funzionano anche piano e voce o chitarra e voce. (Che dovrebbe essere sempre il modo per capire se un pezzo è buono oppure no).

IN ABSENTIA – Porcupine Tree (2002)
Steven Wilson è un altro cantautore – nel senso di artista che canta i pezzi che scrive – che ammiro profondamente. Probabilmente non ha inventato un nuovo genere o un nuovo stile, ma posso assolutamente identificarmi in un amante della musica, che si è innamorato e ha assorbito mille influenze tra le più disparate che poi escono fuori nelle sue canzoni e in tutti i suoi vari progetti. Non esistono due dischi uguali dei Porcupine Tree o dello Steven Wilson solista. IN ABSENTIA del 2002 è quello in cui aveva cominciato a scoprire (anche grazie agli amici Opeth) un suono più duro, alternandolo comunque a canzoni ineccepibili dal punto di vista del gusto.. arrangiate, scritte e cantate bene. E per me Permanating è “sì”: viva gli Abba! (Che sarebbero in questa lista se non avessi deciso di escludere i Greatest Hits!).

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