Live report

Pubblicato il Settembre 23rd, 2016 | by Roberto Paravani

0

THE WHO – Assago, Mediolanum Forum 19/9/2016

Ha senso spendere cifre elevate per ascoltare dal vivo musicisti ormai quasi decrepiti che fanno fatica a stare fisicamente in posizione eretta per due ore? Nonostante questo dubbio amletico, mi ritrovo come un bambino ad aspettare preoccupato ma fremente che Roger Daltrey (classe 1944) e Pete Townshend (classe 1945) ossia ciò che rimane in vita dei leggendari The Who, salgano sul palco del Forum di Assago…

Daltrey e Townshend, accolti dal rombo del Forum, fanno il loro ingresso con quasi dieci minuti di anticipo. Il leader, di ottimo umore, con l’aiuto di un foglio cerca di intavolare i propri brevi monologhi in italiano ma il tentativo viene abortito dopo qualche pezzo, in favore dell’inglese. Qualche chiacchiera di rito e poi via! Inizia la corsa: I Can’t Explain, il primo pezzo pubblicato a nome The Who nel gennaio del 1965 e ogni ansia sulla riuscita del concerto è fugata in pochi attimi. La voce di Daltrey c’e’, Townshend è in forma strepitosa e inizia subito a maltrattare la chitarra. A fine pezzo eseguirà addirittura uno dei suoi leggendari salti, librandosi in verità a pochi centimetri da terra. L’allestimento scenico prevede un palco abbastanza sobrio, luci in abbondanza, due grandi schermi laterali in alta definizione ed uno centrale molto più grande. Sugli schermi laterali scorrono le immagini catturate sul palco da alcuni cameraman e da alcune telecamere fisse. Nello schermo centrale compaiono filmati di repertorio, foto d’epoca rielaborate e grafiche astratte talmente belle che spesso distraggono dall’ascolto. Prima di I Can See For Miles, Pete ricorda come il pezzo sia stato composto nel 1966 ed eseguito al festival di Monterey nel 1967, dove c’era anche Jimi Hendrix. E aggiunge che all’epoca nessuno degli astanti era ancora nato. Una versione dilatata di My Generation, 1965, mette in evidenza le doti solistiche di Pino Palladino, lo spilungone di origine italiana che dal 2002 sostituisce egregiamente Entwistle al basso, nonostante il suo stile sia completamente diverso. Palladino insieme al potentissimo Zak Starkey è il perno di una band solida, granitica, potente, che non lascia nessuno spazio a leziosità virtuosistiche.

Scorrono veloci i frammenti di un songbook fantastico, costruito pezzo per pezzo da un autore fuori dal comune. E nonostante in 51 anni di attività gli album siano solo 11, a fine serata parecchi capolavori rimarranno fuori dalla scaletta. Townshend annuncia quattro canzoni da Quadrophenia, forse la sezione migliore dell’intero concerto: in I’m One è lui stesso a prendersi carico della voce. Lo strumentale The Rock, vigorosissimo e sinfonico, è caratterizzato dalle immagini sullo schermo centrale che ripercorrono la storia dell’occidente e degli stessi Who dal dopoguerra ad oggi; immagini drammatiche, commoventi che strappano più di un applauso. Daltrey è fuori dal palco a ricaricare le batterie per Love, Reign O’er Me, in cui deve sfoderare un prova vocale fuori della norma. Una prova che supererà con mestiere, cuore e quanto rimane di un ugola tra le più illustri del rock. I successivi quattro brani vanno invece a ripercorrere l’altra opera rock, quella più famosa: Tommy. Poi… parte la sequenza iniziale di Baba O’Riley e il pubblico impazzisce. Lo show sino a quel momento è stato potente e costante. Una corsa senza pause se non per cambiare chitarra e bere un sorso d’acqua. E senza un minimo di cedimento, tra toni forti e fortissimi. Townshend si esibisce nella classica sforbiciata, ormai ridotta nei termini e dopo l’atterraggio ironizza sulla sua forma fisica e l’età che passa. Si arriva a Won’t Get Fooled Again con il pubblico ormai in fiamme. Al termine del pezzo Daltrey coinvoglia tutte le energie vocali rimastegli nell’urlo primordiale che fa tremare il Forum. Townshend corre da una parte all’altra del palco sino a scivolare pesantemente a terra: realtà? finzione? Continua a suonare imperterrito, a ridere e si rialza subito.

Con questa sontuosa esecuzione termina il concerto. Daltrey e Townshend, visibilmente provati e soddisfatti come due bambini a Natale, presentano la band e ringraziano l’Italia per averli supportati in questi 51 anni di attività. Sono passate quasi due ore dall’inizio, eppure il pubblico vorrebbe ancora musica. Ma non ci saranno bis; i due hanno dato tutto e la gente capisce che non è il caso di insistere. Gli Who sono ancora in grado di animare un concerto di rock nel senso più stretto e migliore del termine, e di reggerne l’urto. Nulla a che vedere con il passato, ma il livello emotivo è ancora pazzesco anche se è difficile capire sino a quando saranno in grado di tenere questa intensità. Adesso il gruppo se ne andrà in California per suonare nel tanto discusso festival “Desert Trip” con i migliori musicisti rimasti della “loro generazione”, paradossalmente tutti più vecchi: ci saranno Dylan, Jagger, Richards, Young, McCartney, Waters, tutte gente ormai gonfia di danaro e successo ma che non riesce, chissà per quale oscuro motivo incomprensibile a noi mortali, a stare lontano dalle assi di un palco.

Setlist: I Can’t Explain, The Seeker, Who Are You, The Kids Are Alright, I Can See For Miles, My generation, Behind Blue Eyes, Bargain, Join Together, You Better You Bet, 5:15, I’m One, The Rock, Love, Reign O’er Me, Amazing Journey, Acid Queen, Pinball Wizard, See me feel me, Baba O’Riley, Won’t Get Fooled Again

Tags: , ,


Articolo a cura di



Lascia un commento