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Pubblicato il Agosto 10th, 2016 | by Roberto Paravani

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Yes – Fly From Here (2011)

Tracklist
1. Fly From Here – Overture
2. Fly From Here – Pt I – We Can Fly
3. Fly From Here – Pt II – Sad Night At The Airfield
4. Fly From Here – Pt III – Madman At The Screens
5. Fly From Here – Pt IV – Bumpy Ride
6. Fly From Here – Pt V – We Can Fly (reprise)
7. The Man You Always Wanted Me To Be
8. Life On A Film Set
9. Hour Of Need
10. Solitaire
11. Into The Storm

Etichetta Frontiers/CD

Durata 47’32”

Personell
Benoit David (vocals) ● Chris Squire (bass and vocals) ● Alan White (drums) ● Geoff Downes (keyboards) ● Steve Howe (guitars and vocals) ● Trevor Horn (vocals)

Per recensire in maniera corretta un album, ci si dovrebbe concentrare sulla musica dimenticando tutto ciò che è contorno. In questo caso bisognerebbe mettere da parte il fatto che Jon Anderson non c’e’ più, e che la sua voce celestiale è stata sostituita da una dozzinale imitazione. Non solo, con lui sparisce il miglior autore che il gruppo abbia mai avuto. Si deve trascurare che un improvviso cambio di formazione, ha riportato alla base all’ultimo secondo Geoff Downes e Trevor Horn, gli ex allievi dei tempi di Drama, dando al progetto un alone di improvvisazione, e che gli ultimi arrivati firmano la maggior parte del materiale a dispetto dei presunti leader. Non a caso una parte del nuovo materiale è in realtà stato composto e messo da parte circa trenta anni or sono. Bisogna soprattutto dimenticare che sulla scontatissima copertina di Roger Dean, capeggia un logo che ha identificato un gruppo che ha fatto la storia del rock. Bisogna insomma dimenticare tutto e pensare solo alla musica. Fly from here si divide in due parti: la suite omonima, divisa in sei movimenti e le restanti cinque brevi canzoni. La suite parte bene: Overture e We Can Fly, sebbene prevedibili, scuotono l’ascolto, solenni e vivaci. La produzione è cristallina e curata. Poi il pezzo inizia a reiterarsi. Le atmosfere si annacquano, le melodie e i riff si ripetono, la qualità si abbassa sino alla goffa Bumpy Ride. La suite è comunque la parte migliore dell’album. Sull’altro lato si deraglia nella noia. I due leader hanno il loro momento di gloria: Squire finalmente diventa voce solista in una banalissima The Man You Always Wanted Me To Be. Howe ci propone il solito pezzo di chitarra acustica che oltre che stridere con tutto il resto del lavoro, risulta essere una tra le sue cose più ordinare. Si cerca di andare sul semplice, ma anche le cose semplici bisogna saperle scrivere e suonare, altrimenti si scivola nella banalità. Insomma, ci si può anche dimenticare tutto, ma in questo Fly from here non c’e’ nulla che si possa definire particolarmente avvincente.

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