Cuore

Pubblicato il Settembre 14th, 2016 | by Roberto Paravani

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Yes – Tormato (1978)

Tracklist

Lato A
1. Future Times/Rejoice
2. Don’t Kill The Whale
3. Madrigal
4. Release, Release

Lato B
1. Arriving UFO
2. Circus of Heaven
3. Onward
4. On The Silent Wings of Freedom


Personell
Jon Anderson (vocals, percussion, Puerto Rican cuatro) ● Chris Squire (bass guitar, bass pedals, vocals) ● Steve Howe (guitars, mandolin, vocals) ● Alan White (drums, glockenspiel, crotales, cymbals, bell tree, drum synthesizer, gongs, vibraphone, vocals) ● Rick Wakeman (keyboards)


Tormato soffrì di una produzione orribile. In quel periodo Eddie Offord era partito per Marte e non era disponibile. Ognuno usava il suo tecnico personale: non avevo mai visto tante mani agire contemporaneamente sui cursori della consolle… Il suono è tremendamente compresso, mi piacerebbe poter rimixare completamente tutto l’album: ci sono delle cose bellissime al suo interno — RICK WAKEMAN

Sicuramente Tormato non è il nostro miglior album… tirammo fuori cose stranissime e alla fine anche se ci sono dei bei pezzi, sembra tutto un po’ approssimativo. Però quasi sempre, quando suoniamo in America, è il disco che i fan ci chiedono di autografare, ci dicono che è meraviglioso… strano, no? — ALAN WHITE

Tormato è uno dei pochi album degli Yes che al momento dell’uscita riuscì a mettere d’accordo tutti quanti: chi lo aveva prodotto, la critica e i fan. Non piacque a nessuno. A completare il quadro ci pensò lo studio Hipgnosis di Storm Thorgerson – quello famoso per le cover dei Pink Floyd – che per la seconda volta elaborò il progetto grafico di un album degli Yes; il gruppo aveva scelto come titolo del disco Yes Tor, dal nome di una formazione rocciosa presente nel sud dell’Inghilterra. Lo studio appiccicò la foto di un rabdomante in giacca e cravatta davanti ad un’immagine del complesso roccioso, virò la foto sul blu, ci spiaccicò un pomodoro sopra – anche se la leggenda vuole che a maciullare il vegetale sulla foto fosse stato un Wakeman furibondo – e chiamò il tutto Tormato. Anche la foto dei cinque sul retro era frutto dello stesso tipo di fotomontaggio, con il gruppo immortalato a Regents Park e le montagne riposizionate sullo sfondo. E il pomodoro spiaccicato.

All’epoca, di tutto questo io non ne sapevo nulla. Mi ritrovai tra le mani il long playing appena uscito e lo portai a casa un po’ preoccupato e perplesso. Le apprensioni erano dovute principalmente alla orrenda copertina – per giunta non apribile! – e al fatto che tra i brani non c’era la solita suite da oltre quindici minuti di durata. Così misi pensieroso il disco sul piatto e… fu subito amore! Venni investito da un’ondata di suoni moderni quanto sconosciuti: erano i nuovi sintetizzatori polifonici in dotazione a un ispiratissimo Wakeman, per una volta vero e proprio elemento dominante del suono Yes. Il tutto a discapito di un Howe le cui parti di chitarra spesso sembrano cozzare con le tante note diffuse dalle tastiere: una valanga di melodie fresche, articolate, che salgono e scendono come su un ottovolante. Il tutto raccolto in una forma più sintetica. La prolissità di Awaken, la suite cardine del disco precedente e che aveva fatto innamorare milioni di fan, era completamente scomparsa in favore di pezzi più secchi ed agili, veloci e scattanti. Spariscono (quasi) le mandole, i mandolini e tutto l’armamentario di strumenti a corda di un Howe dedito principalmente alle chitarre elettriche. E sopra a tutto le meravigliose melodie vocali di un Anderson dalla voce (a quel tempo) potente e cristallina. Come detto fu amore, una violenta passione che turbò positivamente la mia vita per parecchi mesi.

Da quei giorni molto tempo è passato, circa trentasei anni. Ora quando ascolto Tormato le sensazioni non sono più le stesse, come forse è ovvio e giusto che sia. Il disco è invecchiato maluccio, gli arrangiamenti che all’epoca sembravano moderni oggi sembrano datati, lo stesso dicasi dei suoni delle tastiere, oggi completamente sorpassati. L’album ha sofferto del passare del tempo e col tempo ha dimostrato purtroppo di non avere il carattere innovativo e lo spessore musicale di altri lavori degli Yes, come ad esempio Close to the Edge. Ma… rimane un disco con moltissime idee, non tutte centrate ma alcune geniali: Arriving UFO ha un arrangiamento da cartone animato giapponese, ma allo stesso tempo armonie e melodie pazzesche che andrebbero solo un po’ risistemate; Onward (che beneficia dell’arrangiamento orchestrale di Andrew Pryce Jackman) è la più bella canzone scritta da Squire e On the silent wings of freedom uno dei pezzi più geniali, coraggiosi e imprevedibili dell’intera discografia della band inglese.

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