Pubblicato il Aprile 22nd, 2021 | by Paolo Carnelli
0Peter Hammill – In Translation (2021)
1. The Folks Who Live On The Hill (Kern/Hammerstein)
2. Hotel Supramonte (De André/Bubola)
3. Oblivion (Piazzolla/Tarenzi)
4. Ciao Amore (Tenco)
5. This Nearly Was Mine (Rodgers/Hammerstein)
6. After A Dream (Fauré/Bussine)
7. Ballad For My Death (Piazzolla/Ferrer)
8. I Who Have Nothing (Magati/Mogol/Leiber/Stoller)
9. Il Vino (Ciampi/Marchetti)
10. Lost To The World (Mahler/Rückert)
Etichetta Fie Records/CD
Durata 40’03”
Personell
Peter Hammill (All instruments & vocals)
In attesa. Incatenato tra Covid e Brexit. Porton Down e The Great European Department Store. I concerti dei Van der Graaf Generator rinviati di due anni, tanto per aggiungere un altro po’ di incertezza a un periodo in cui l’orizzonte musicale sembra avvolto da una nebbia imperscrutabile.
Proprio da questa incapacità di immaginare il futuro nasce IN TRANSLATION: primo album contenente rivisitazioni di brani di altri artisti pubblicato da Hammill nella sua lunga carriera, che vede quindi aggiungersi alla già ricchissima discografia del musicista inglese un capitolo imprevisto. “Quando lo scorso anno è iniziato il lockdown” spiega Peter “Ho avvertito dentro di me uno stato di incertezza e di squilibrio che mi hanno precluso la possibilità di comporre e registrare qualcosa di nuovo. Per tenermi in qualche modo occupato, ho quindi deciso di iniziare a lavorare a delle cover, pur senza avere alcuna intenzione specifica di pubblicarle: ho semplicemente pensato di prendere un po’ di canzoni con le quali sentivo di potermi confrontare e provare a suonarle a modo mio.”
Nonostante si tratti di brani di altri artisti, all’ascolto il marchio di Hammill è evidente, tanto più che tutti i testi non in lingua inglese delle dieci canzoni sono stati tradotti per renderne più agevole l’interpretazione. Anche per questo, la voce rimane la stella polare che guida il viaggio tra Europa (Inghilterra, Germania, Italia, Francia) e Americhe (Stati Uniti, Argentina). Tutto intorno ci sono orchestrazioni, suoni, colori, pianoforti, chitarre acustiche e soprattutto elettriche, utilizzate con il consueto piglio espressionistico e straniante, che avvolgono le tracce in un’atmosfera plumbea in qualche modo affine all’opera THE FALL OF THE HOUSE OF USHER, nella sua seconda e più riuscita versione.
Il nostro paese è ben rappresentato: De André, Tenco, Ciampi, IN TRANSLATION è anche un atto di gratitudine e riconoscenza, non solo per il successo che l’Italia ha tributato ai Van der Graaf Generator all’inizio degli anni 70, ma anche per l’attenzione dedicata più recentemente allo stesso Hammill, a cui sono stati conferiti nel 2004 il Premio Tenco e nel 2017 il Premio Ciampi, oltre alla laurea honoris causa del Conservatorio di Piacenza nel 2016. Se Il Vino riporta alla mente l’ineluttabilità alcolica di Happy Hour e regala un sorriso ricordando le passeggiate di Peter con il compianto Stuart Gordon tra i vicoli dei paesini italiani prima dei concerti, l’interpretazione di Ciao Amore lascia senza fiato per la lucidità nel manipolarne la componente armonica, portando in superficie in maniera implacabile la disperazione che scorre sottotraccia al brano originale.
E poi c’è la copertina: la foto di James Sharrock, la grafica minimale di Paul Ridout, la giacca della tuta della nazionale italiana di rugby. La scritta ITALIA che campeggia, in attesa di salire su un Alfa Berlina e recuperare il tempo perduto. IN TRANSLATION è un buon modo per ingannare l’attesa.