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Pubblicato il Settembre 14th, 2016 | by Paolo Carnelli

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Peter Hammill & Gary Lucas – Otherworld (2014)

Tracklist
1. Spinning Coins
2. Some Kind of Fracass
3. Kith and Kin
4. Cash
5. Built from Scratch
6. Attar of Roses
7. This is Showbiz
8. Reboot
9. Black Ice
10. The Kid
11. Glass
12. 2 Views
13. Means to an End
14. Slippery Slope

Etichetta Cherry Red Records/CD

Durata 59’59”

Personell
Peter Hammill (Acoustic & Electric Guitars, Vox, Found Sounds) ● Gary Lucas (Acoustic & Electric Guitars and FX)

Artista estremamente prolifico, Hammill, ma anche tutto sommato poco incline a condividere il suo spazio creativo con altri suoi simili. Lo testimoniano l’esiguo numero di collaborazioni che lo hanno visto protagonista nel corso degli anni, pubblicazioni comunque incentrate sulla sperimentalità e sull’improvvisazione allo stato puro, tentativi di fissare un incontro creativo e sonoro senza manipolazioni o ripensamenti a posteriori. E’ solo parzialmente su questa linea che si muove anche questo Otherworld, realizzato di fatto in due sole giornate di lavoro nel gennaio del 2013 nei fidati studi di casa Hammill, nel Wiltshire, e quindi fedele documento dell’incontro tra il musicista di Manchester e il chitarrista americano Gary Lucas: fan e coetaneo di Hammill, noto ai più per le sue collaborazioni con Captain Beefheart e con Jeff Buckley, ma anch’egli iperattivo protagonista negli anni di variegate avventure musicali con numerosi altri artisti quali Brian Ferry, Lou Reed, Nick Cave, fino alle acclamate musicazioni di vecchi film muti e ai concerti per chitarra sola. Oggi sappiamo che, pur mantenendo la più completa apertura l’uno verso l’altro e verso l’ispirazione del momento, entrambi i musicisti avevano provveduto in vista della sessione di prove e di registrazione ad assemblare del materiale grezzo da sottoporre alla reciproca valutazione: è probabilmente per questo che Otherworld suona meno sbilanciato verso la dimensione puramente sperimentale e sonica, documentando piuttosto l’incontro di due diverse scritture musicali attraverso una serie di vere e proprie “canzoni sghembe”, compiute e strutturate. In questi episodi a tenere le redini e muovere le fila del discorso sono più di ogni altra cosa le liriche hammilliane, perfettamente inserite nell’atmosfera in bilico tra cielo e terra che si respira all’interno dell’album: vere e proprie istantanee, fermi immagine capaci di inchiodare in poche righe visioni e sensazioni, facendole vibrare e risuonare all’interno della testa dell’ascoltatore per giorni. Ma tra le quindici tracce non mancano anche quelle caratterizzate da un approccio strumentale e dilatato, frutto principalmente di alcune improvvisazioni chitarristiche di Lucas filtrate attraverso un cospicuo numero di effetti e riprese direttamente on the spot. E’ qui che si materializza l’altra faccia, forse la più sorprendente, dell’incontro artistico: quella cioè in cui Hammill è chiamato a svolgere un ruolo attivo anche sulla sei corde elettrica. In Otherworld il dialogo musicale avviene dunque su più binari paralleli e l’incontro a tutto tondo tra i due universi si concretizza nella genesi di un nuovo “pianeta” sonoro, “altro” rispetto a quelli di partenza.

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