Live report

Pubblicato il Agosto 27th, 2016 | by Paolo Carnelli

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PROGRESSIVE WORLD LIVE EXPERIMENT – Roma, Init 25/04/2014

Esperimento riuscito. Qualche piccolo intoppo di natura tecnica non ha impedito agli amici di Progressive World di regalare al pubblico romano una bella serata di musica fuori dagli schemi. E la storia continua…

Quando gli amministratori della pagina facebook Progressive World hanno deciso di organizzare il loro primo evento (speriamo di una lunga serie), qualche dubbio devono pur averlo avuto, se hanno deciso di chiamarlo “Progressive World Live Experiment”: sembra quasi di vederli, gli amici Sergio Lombardi, Alessandro Leone e Marco Chiappini, con indosso il camice e la mascherina, a cercare di miscelare gli ingredienti giusti per dare vita a una serata esplosiva. Ora che è tutto finito, possiamo affermare che l’esperimento è riuscito sotto quasi tutti i punti di vista: la risposta del pubblico, in primis, è stata molto confortante, nonostante la giornata festiva e la concomitanza del campionato di calcio; il livello della performance dei due gruppi è stato decisamente buono; qualche neo è stato dovuto più che altro a problematiche tecniche, ormai presenti purtroppo in quasi tutti i locali italiani, che hanno portato a un allungamento dei tempi e alla conseguente cancellazione di alcuni degli eventi originariamente previsti in programma, come il seminario sul progressive rock svedese o il set dei Necromonkey. Anche le persone che avevano acquistato il biglietto di “poltronissima” in prevendita hanno dovuto fare i conti con la totale mancanza di sedie all’interno del locale, dovendo quindi ripiegare sull’area di fronte al bar, fortunatamente dotata di qualche divanetto. A parte questo, l’aria che si respirava all’Init era quella dei vecchi raduni prog: cordialità diffusa tra i presenti, incontri e ritrovamenti, celebrità in libera uscita (Gianni Leone, Jimmy Spitaleri, Sophya Baccini, Luciano Regoli), voglia di parlare e scambiarsi opinioni sulle produzioni discografiche passate e su quelle più imminenti.

La parte musicale, come dicevamo, ha visto protagoniste due band in grande forma: entrambe muscolari, dinamiche e ben affiatate. La Fonderia tornava a suonare dal vivo dopo un po’ di tempo: nella nuova formazione a quattro, con Paolo Pecorelli al basso a dare manforte a Emanuele Bultrini (chitarre), Stefano Vicarelli (tastiere) e Federico Nespola (batteria), il gruppo romano sembra aver trovato finalmente un buon punto di equilibrio da cui ripartire; il suono si è fatto più corposo e incisivo, l’estetica post rock dei primi tre album ha lasciato il posto a una tensione a cavallo tra il funky rock dei Talking Heads e il progressive rock teso dei King Crimson di Red. Splendido come al solito il lavoro timbrico di Vicarelli tra fender rhodes, minimoog e Prophet 12: sonorità che si sposano perfettamente con il chitarrismo sostanzioso e a tratti espressionista di Bultrini. Tra i brani vecchi e nuovi proposti, impossibile non citare una devastante versione di Dubbio II, dal primo album del gruppo, con il batterista svedese Mattias Olsson (ex Angalgard e ora con Necromonkey e Kaukasus) che si è unito al gruppo e ha improvvisato con un piccolo set di percussioni composto tra le altre cose anche da una bombola del gas: per qualche istante è sembrato che si fosse materializzata davanti ai nostri occhi la formazione dei King Crimson di Lark’s Tongues in Aspic, con Olsson nelle vesti di Jamie Muir e Nespola in quelle di Bill Bruford. Dopo una breve pausa per il cambio palco, ecco la volta dei Gösta Berlings Saga: anche la band di Stoccolma è un quartetto, composto da Einar Baldursson (chitarre), David Lundberg (tastiere), Alexander Skepp (batteria) e Gabriel Tapper (basso). Il sound è fedele a quanto ascoltato nei tre album fin qui pubblicati: i quattro musicisti costruiscono anelli sonori portatori di nuvole basse e incombenti, spinte allo scarico dal drumming incessante di Skepp. La meditata e ossessiva ciclicità dei temi è sicuramente una delle componenti principali dei pezzi dei Gösta Berlings Saga: come nelle terre natie, raramente un raggio di sole è chiamato a bucare le nubi, ma quando lo fa arriva direttamente a trafiggere il cuore degli spettatori. Una performance molto buona, la prima assoluta nel nostro paese, in una sala che data l’ora tarda si è purtroppo un po’ svuotata. Fortunatamente a fine concerto non manca chi corre a recuperare una copia della ristampa in vinile di Detta har Hänt, secondo album della band pubblicato nel 2009 e ormai fuori catalogo. L’appuntamento con il Progressive World Live è per il prossimo evento, pardon, “esperimento” in programma sempre all’Init il 30 maggio, con Wobbler, Ingranaggi della Valle e Not a Good Sign.

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